"Il loro arresto? Il più bel regalo di Natale"

Il fratello di Beppe Pedrazzini, trovato morto nel pozzo, sul ritorno in carcere di figlia e genero. La vedova: "Vivo per mio nipote"

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di Settimo Baisi

"Questo pe me è il più bel regalo di Natale che mi potesse arrivare", è stato il primo commento di Claudio Pedrazzini, fratello minore del povero Beppe, trovato in fondo al pozzo nel cortile di casa a Toano, in merito al provvedimento dalla Cassazione che riporta in carcere i suoi nipoti, la figlia di Beppe, Silvia Pedrazzini e il marito Riccardo Guida, accusati di sequestro di persona, omicidio, soppressione del cadavere e truffa. Alla moglie Marta Ghilardini misura cautelare dell’obbligo di firma con obbligo di dimora.

La soddisfazione per il nuovo arresto dei nipoti Silvia e Riccardo, ritenuti autori di una tragica vicenda che ha addolorato, non solo la comunità di Toano ma l’intera montagna reggiana con il ritrovamento di Beppe dentro a un sacco in fondo al pozzo, non allevia il dolore che ancora oggi prova il fratello Claudio Pedrazzini (titolare del noto albergo ristorante Marola) e tutti i familiari.

"Già questo verdetto per me è veramente un grosso regalo – afferma Claudio – fermo restando il dolore che tutti noi abbiamo dentro per quello che è accaduto a mio fratello Beppe, una fine inimmaginabile. Spero solo nel proseguimento delle indagini nei vari passaggi per capire meglio la fine che hanno fatto fare a mio fratello. Già da quello che è emerso all’inizio delle indagini dei carabinieri si è capito subito il maltrattamento da parte di sua figlia e suo genero, impedendo a mio fratello di avere contatti con noi e raccontandoci un mucchio di storie contrastanti tra loro pur di non farcelo incontrare, impedendoci addirittura di parlare con lui almeno al telefono. Chissà quante umiliazioni avrà dovuto subire, poveretto, non oso pensarci. A me preme sapere come è morto".

Il fratello Claudio Pedrazzini è ossessionato da un dubbio tremendo sulla fine di Beppe: se sia finito in fondo al pozzo vivo o morto, come è avvenuto il decesso di un uomo che poco prima stava bene. "La nostra era una famiglia molto unita, ci aiutavamo l’uno con l’altro – prosegue Claudio – Beppe era maggiore di me di 10 anni e quando siamo rimasti soli, io ho vissuto con lui 30 anni, mi ha fatto da padre. Era tanto buono, non meritava una fine come quella, hanno approfittato della bontà. Con noi anche le ultime volte che siamo riusciti a parlargli, ci ha sempre detto di stare tranquilli che andava tutto bene. Lo diceva per non darci dispiaceri, ma in cuor suo chissà quanto ha sofferto ed è questo il mio tormento: non essere riuscito a infrangere quella cortina attorno alla casa che, con false notizie, ha impedito fino all’ultimo a me e agli altri perenti di avere contatti con Beppe. Anche adesso tutte le volte che andiamo al cimitero, dove c’è anche mio suocero, tutte le persone che incontriamo ci parlano di mio fratello Beppe, della sua generosità e dell’immeritata tragica fine".

Anche il nipote Flavio Corsini, il primo ad avere sospetti sulla sorte dello zio, non riuscendo più a contattarlo, ha accolto il provvedimento della Corte di Cassazione con gradimento, affermando: "Per me è una cosa giusta, del resto era quello che ci attendavamo tutti. La vicenda dolorosa di mio zio Beppe la conosciamo bene, ed è giusto che sua figlia Silvia con il marito Riccardo siano stati prelevati dai carabinieri e riportati in carcere. Quello è il loro posto".

Ieri, alle telecamere di Rai1, la vedova Marta (a sua volta indagata) ha affermato: "Vivo solo per mio nipote. I miei ricordi più belli? Quando mi sono sposata con Beppe.. "