Il Marabù e gli anni ruggenti della disco

Tra la fine degli anni ’70 e il 2000 a Cella sorgeva uno dei più famosi locali da ballo italiani, capace di ospitare migliaia di persone

Migration

Locali chiusi, distanziamento, contagi in aumento. La radio aggiorna sulla situazione mentre si avvicina l’orario del coprifuoco. Siamo in auto sulla via Emilia, a Cella. Qui, anni fa, a quest’ora iniziava il carosello di mezzi che andava verso un’unica meta: la discoteca Marabù, la cui scritta luminosa era come un faro tra le tenebre. Il trambusto si sarebbe poi intensificato, per andare avanti sino a notte fonda. Per alcuni, sino all’ora di cappuccino e brioche. E’ una storia che si snoda dal 1977 al 2000. Ricordiamo i primi passi, il successo e il crepuscolo di quella che è stata una delle mega-discoteche a livello nazionale. In mezzo, concerti, sere che sembravano non finire mai, amori, divertimento. Il Marabù ha un posto speciale nella memoria del popolo della notte. Mentre la foschia avvolge la pianura Padana, il locale apre nell’autunno del 1977, quando la classifica è regno di Bee Gees, Donna Summer e Diana Ross. L’idea è maturata in una tavernetta sotto l’Hotel Astoria, dove Sandro Gasparini, ex funzionario di banca, ha affittato uno spazio per trasformarlo in locale da ballo. La struttura sorge a Cella dove in precedenza c’era una pista per go-kart, il progetto è dell’architetto Lolli, lo stesso del Genux, nel Bresciano. Tra i fautori Marcella Bella, Ivo Callegari e Sandro Gasparini. Con capienza tale da poter contenere migliaia di persone, ha una vasta pista, palco, bar e pizzeria. In Emilia ci sono già locali con nomi di volatili, così ai soci suona bene Marabù. Qualche anno dopo viene costruita una piscina estiva. Il periodo d’oro va da fine anni ’70 a metà anni ’90. E’ un momento magico per le discoteche, nel reggiano ci sono circa 20 locali tra la Bassa e l’Appennino. Tante le proposte musicali, molte le tipologie di ambienti, vari i deejay che possono dettare tendenze e successi. Al Marabù per molto tempo in consolle Persueder e Bonvi, con Irish alla luci. Gli appuntamenti settimanali sono anche quattro, cui si aggiungono i concerti. Si ricordano Rockets, Pooh, Amanda Lear, Bobby Solo. La domenica pomeriggio la discoteca è degli adolescenti, uno sciame di motorini (è il periodo di Ciao, Peugeot, tubolari e Vespa) riempie il parcheggio, l’autobus numero 2 arriva affollato dalla città. Il fenomeno delle grandi discoteche entra in crisi a metà anni ’90. La concorrenza si chiama disco-pub, introduce una modalità differente di approccio alla musica e all’aggregazione, per tracciare una nuova mappa del divertimento in notturna. L’attività rallenta, inizia il declino, per il Marabù come per le altre strutture. Nel 2000 le luci strobo si spengono, la musica tace, i capannoni del terziario in seguito divorano la piscina. E se ne vanno gli ideatori del sogno: Sandro Gasparini nel 2016, Ivo Callegari nel 2019. E’ finita un’epoca.

Massimo Tassi