Il pm ha chiesto due anni e otto mesi di reclusione per furto aggravato e riciclaggio. Secondo l’accusa (pm Giulia Stignani) un 53enne consulente finanziario del Credem (poi licenziato) anziché cercare di far fruttare i risparmi della clientela, falsificava firme e girava il denaro sul conto corrente della fidanzata; secondo le indagini, proprio allo scopo di finanziare il bar della stessa compagna, in centro città. I fatti sarebbero avvenuti a partire dal 2010, per sei anni: fino a quando fu la stessa banca, che nel frattempo si è costituita parte civile, a denunciare l’ammanco lamentato da alcuni clienti che avevano visto i propri soldi volatilizzarsi. Ex consulente e fidanzata hanno già versato 15mila euro a testa a titolo di risarcimento. La donna ha patteggiato due anni di reclusione (pena sospesa), 800 euro di multa e il pagamento delle spese legali anche per conto della banca; rito abbreviato invece per l’ex consulente. Ieri mattina si è svolta l’udienza preliminare a carico dell’uomo, a porte chiuse. Come si diceva il pubblico ministero Giulia Stignani ha chiesto due anni e otto mesi di reclusione. L’avvocato Roberto Sutich – rappresenta la banca, che si ritiene danneggiata dall’ex dipendente – ha fatto propria la richiesta di pena avanzata dalla Procura e ha puntato l’indice sulla condotta del 53enne, il cui ruolo di consulente finanziario, così delicato per il rapporto fiduciario che si instaura con la clientela, avrebbe dovuto suggerigli tutt’altro comportamento: quello tenuto, suona come imperdonabile e la somma versata dall’imputato – i quindicimila euro – assolutamente non sufficiente a riparare il danno compiuto. Un acconto, insomma, nulla di più. La banca del resto si è costituita parte civile non solo per ottenere un risarcimento ma anche a tutela della propria immagine. Di tutt’altro tenore l’intervento di Federico Fortichiari, l’avvocato difensore dell’ex bancario. Per il legale le accuse di furto aggravato e riciclaggio non hanno alcuna ragione d’essere. Per quanto riguarda il furto aggravato, Fortichiari sostiene che l’ex consulente non si sia lasciato guidare dalla volontà di sottrarre i quattrini dai conti. Insomma, vi sarebbe stato un patto tra il bancario e i suoi clienti, tant’è che la segnalazione per l’ammanco dei quattrini era arrivata decisamente molto tardi, sei anni dopo quell’accordo fra le parti, solo nel 2016. Per quanto riguarda l’altra accusa – ovvero lo storno di denaro sul conto della fidanzata – non vi sarebbe stata alcuna dissimulazione, nessuna volontà di compiere un misfatto: i soldi, insomma, erano lì, perfettamente rintracciabili sui conti correnti. Il 21 aprile la prossima udienza, poi la sentenza del gup Silvia Guareschi metterà la parola fine alla delicata vicenda.