YLENIA ROCCO
Cronaca

Il popolo Tamil: "Chi liberò l’Italia lo fece anche per noi"

Dallo Sri Lanka al nostro Paese con il flusso migratorio degli anni ’60

Dallo Sri Lanka al nostro Paese con il flusso migratorio degli anni ’60

Dallo Sri Lanka al nostro Paese con il flusso migratorio degli anni ’60

"Quando in Italia si festeggia la Liberazione o si celebra la festa della Repubblica, bisogna ricordare che quelle persone sono morte anche per noi immigrati. Anche se i nostri antenati non sapevano nemmeno dove fosse l’Italia, senza quelle persone oggi non avremmo un’istruzione gratuita, una sanità accessibile a tutti, che ti assiste come essere umano, indipendentemente dal fatto che tu abbia o meno i documenti". Con queste parole dirette e potenti, Hayasinthika Lalithakumar, voce dell’associazione Sviluppo Comunità Tamil di Reggio, racconta cosa significa davvero sentirsi parte di un paese. Non solo vivere in Italia, ma riconoscere il sacrificio di chi ha costruito i suoi valori, anche per chi è arrivato da lontano.

La comunità Tamil di Reggio Emilia affonda le sue radici in un flusso migratorio iniziato alla fine degli anni ‘70, spinto dalla guerra civile che devastava lo Sri Lanka. "È stato un flusso migratorio dovuto proprio alla paura di morire", racconta. "Nessun Tamil è venuto qui perché moriva di fame. Sono persone che stavano bene nel loro paese, ma che hanno venduto tutto per salvare i loro figli". Famiglie che hanno scelto l’Italia non come prima opzione, ma come rifugio sicuro, arrivando spesso con visti regolari di lavoro.

Oggi la comunità Tamil di Reggio Emilia conta circa 3.000 persone. "Non siamo tantissimi rispetto ad altre comunità, soprattutto del Sud Italia", spiega. Ma i Tamil di Reggio si distinguono per un’integrazione solida e rispettosa, costruita anche grazie all’aiuto dei reggiani. "Molti dei primi arrivati hanno trovato lavoro in fabbrica grazie ai reggiani, che poi li hanno aiutati a far arrivare i familiari, con visti regolari", ricorda Lalithakumar. "Ancora oggi in giro per il paese i miei genitori mi indicano le persone che li hanno aiutati".

L’integrazione, per Hayasinthika, non è solo una questione di accoglienza, ma di reciprocità. "Io dico sempre: ricevi quello che dai", sottolinea. La comunità Tamil ha restituito a Reggio Emilia non solo manodopera, ma anche cultura e tradizioni. La scuola Tamil, attiva da oltre trent’anni, insegna ai giovani la lingua madre, mantenendo vivo il legame con le radici. "Mio fratello, che è nato qui, parla Tamil meglio di me", dice sorridendo. Ma il bilinguismo non ha mai ostacolato la loro integrazione, tanto che Lalithakumar parla anche il dialetto reggiano.

La religione, per i Tamil di Reggio, è un’altra chiave dell’integrazione: "La comunità è composta da induisti, cristiani e musulmani, ma vive una spiritualità aperta e inclusiva. "Il tempio shivaita l’abbiamo costruito nel 2018, ma fino ad allora il nostro luogo di culto erano le chiese di Reggio", racconta Lalithakumar. E anche oggi le diverse confessioni convivono in armonia. "Per noi è normale rispettare tutte le religioni, perché chi crede in un Dio, anche se tu non lo conosci, ha comunque diritto al suo credo".

La comunità Tamil non è solo lavoro e culto, ma anche partecipazione alla vita cittadina. Celebra ogni anno il Capodanno Tamil, il Puthandu, con spettacoli di danza e musica, aperti a tutta la città. "Abbiamo sempre collaborato agli eventi con il Comune e le associazioni, perché siamo parte di questa città", spiega Lalithakumar.

Hayasinthika parla della sua esperienza di integrazione con consapevolezza e orgoglio. Lei e sua sorella sono arrivate da bambine. "Le mie maestre mi hanno insegnato cosa significa essere liberi, perché abbiamo una scuola e un’istruzione accessibile a tutti".

Ylenia Rocco