Malato di Covid a Reggio Emilia: "In coma per 50 giorni, ma ce l’ho fatta"

La testimonianza di Luca Panciroli, 54 anni: "Un sacerdote ha detto che sembravo un cadavere attaccato a una macchina"

Malato di Covid a Reggio Emilia: "In coma per 50 giorni, ma ce l’ho fatta"

Malato di Covid a Reggio Emilia: "In coma per 50 giorni, ma ce l’ho fatta"

È sopravvissuto per miracolo al Covid, ha trascorso 50 giorni in coma, in terapia intensiva al Santa Maria Nuova di Reggio poi un mese nella riabilitazione di Correggio. Ottantacinque giorni di ricovero in ospedale. È il calvario che ha vissuto Luca Panciroli, 54 anni, di Rubiera, da 30 agente di commercio nel mondo della ceramica. Oggi lavora per il mercato svizzero.

E Panciroli, dopo questa esperienza, lancia un appello: "Vaccinatevi per voi e per gli altri". Ricoverato il 5 febbraio, spiega: "Ho iniziato un viaggio la cui meta era sconosciuta. Giunto in pronto soccorso ho capito che ero grave, ma non immaginavo di finire in terapia intensiva".

Bollettino Covid 1 settembre 

Ci racconti cosa è successo.

"Una dottoressa mi ha spiegato cosa mi aspettava. Sono stato sedato 50 giorni, non ho più visto, né sentito nulla. La mia situazione si aggravava sempre più, le speranze di sopravvivenza erano ridotte al 40%. Mi hanno praticato la tracheotomia. L’inizio della mia salvezza. Poi mi ha colpito un batterio, non debellabile con normali antibiotici. I medici hanno trovato la cura giusta, grazie allo studio approfondito, alla professionalità".

Cosa ricorda della terapia intensiva?

"Mi hanno detto che eravamo in tre pazienti e un medico stava tutto il giorno a dosare, in continuazione, ossigeno, e a monitorare le reazioni del cervello e del cuore. Un lavoro massacrante, inimmaginabile".

Un evento particolare?

"In ospedale, a Reggio, ho ricevuto più volte la visita di un sacerdote, che frequentava la terapia intensiva per assistere gli ammalati, don Giordano Goccini, il quale racconta che mi ha conosciuto come un ‘cadavere attaccato ad una macchina’, non vedeva in me alcuna reazione, fino a quando, finalmente, mi sono svegliato ed ho visto una persona, che con gli occhi comunicava tanta speranza. Era il don che mi accarezzava la mano, in quel momento ho pensato di essere passato a miglior vita".

Cosa è successo dopo?

"Don Giordano ha comunicato a mia moglie il mio risveglio. Non ero del tutto cosciente, ma è stata un’emozione indescrivibile. Non so se accanto a me c’è stato chi non ce l’ha fatta".

Tanta gioia, ma non era finita...

"Sono stato trasferito all’ospedale San Sebastiano di Correggio per la riabilitazione totale. Significa tornare bimbi, reimparare a camminare, parlare, fare tutto ciò che è normale nella vita quotidiana, ma per chi viene dalla mia brutta esperienza, sembra un ostacolo insormontabile, è il percorso di riabilitazione respiratoria e motoria".

Com’è stata la riabilitazione?

"Volevo alzarmi, ma non riuscivo a muovere nemmeno un dito delle mani. Non capivo cosa mi succedesse. Per la prima volta ho pianto. Al San Sebastiano, mi hanno detto di non preoccuparmi: era tutto normale. Fortunatamente ero lucido, non avevo subito danni al cervello, il mio percorso è continuato fino al primo di maggio. Lì ho vissuto, capito cosa vuol dire ammalarsi di Covid-19. La riabilitazione è stata dura, ma nello stesso tempo ho potuto assaporare le belle e anche le cattive cose che la vita riserva".

Come ha contratto il Covid?

"Difficile dirlo. Ho attuato tutte le precauzioni necessarie. Durante il giorno ero molto affaticato, non riuscivo a star sveglio, mi mancava il fiato. Ho pensato di aver ‘tirato troppo la corda lavorando’. Ero in Svizzera per lavoro: il viaggio di ritorno è stato il più lungo e faticoso della mia vita. A casa ho fatto un tampone: positivo…".

Terminata questa terribile odissea, il primo pensiero a chi è andato?

"A mia moglie, sono felicemente sposato con Morena Toni, da 24 anni, e a mia figlia, Ludovica, 20 anni, che frequenta il primo anno di università a Pisa. E, a tutta la gente fantastica, premurosa che mi ha fatto capire quanto amore c’è ancora nelle persone".