In prima linea al pronto soccorso "Ci insultano mentre lavoriamo ma i ritardi non dipendono da noi"

Un infermiere: "Ormai capita almeno un’aggressione verbale alla settimana, c’è tanto stress" "Violenze fisiche? Di solito sono pazienti con problemi. Io ho appena avuto 10 giorni di prognosi".

In prima linea al pronto soccorso  "Ci insultano mentre lavoriamo  ma i ritardi  non dipendono da noi"

In prima linea al pronto soccorso "Ci insultano mentre lavoriamo ma i ritardi non dipendono da noi"

Mauro Chiossi, infermiere al Pronto Soccorso dell’ospedale Santa Maria Nuova: i numeri mostrano un fortissimo aumento delle aggressioni agli operatori sanitari.

"E’ successo dopo il Covid".

Molti episodi si verificano proprio al Pronto Soccorso.

"Dovendo tutti passare dal Pronto soccorso, c’è un intasamento del servizio. Vengono da tutta la provincia, diventa difficile gestire tutto. Del resto molti cittadini si lamentano di non avere riferimenti sul territorio, dicono che il medico di base non riesce a riceverli in tempi brevi... A questo aggiungiamo il Covid, che ha allungato i tempi".

Quante persone vengono al Pronto Soccorso?

"Una volta avevamo 100-150 casi al giorno, adesso sempre più di 200, a volte più di 300".

Il cittadino non ha torto a lamentarsi.

"Infatti noi lo capiamo, poi dipende dai modi. E poi i problemi non dipendono da noi".

Come sono le aggressioni?

"Soprattutto di tipo verbale".

Quelle fisiche sono rare?

"Sono spesso legate a situazioni particolari, persone agitate o con problemi psichiatrici...".

Ma casi frequenti?

"Dal nostro osservatorio sembra che ci sia un aumento di queste problematiche, poi toccherà agli specialisti valutare".

E’ successa qualche aggressione fisica di recente?

"Due settimane fa ho avuto dieci giorni di prognosi, un ragazzo era agitato, ha spezzato l’apparecchio della fotocellula e mi ha colpito. Una mia collega si è presa una ginocchiata in testa da un paziente che stava cercando di sedare. Ma sono episodi diversi dalle aggressioni verbali".

Che sono in aumento.

"Una volta erano rare, adesso capita almeno una volta alla settimana".

Come avvengono di solito?

"Le classiche frasi. Ci urlano: ’Io ti pago lo stipendio e tu mi devi visitare’, oppure ’Se non mi visiti non sai cosa ti succede’".

Da dove nasce la rabbia?

"Molte si scatenano per le lunghe attese, dopo 5 o 6 ore".

Sono i pazienti?

"Loro, ma spesso sono i familiari a scatenarsi di più".

Come vivete la situazione?

"Aumenta tantissimo lo stress, devi interrompere per rispondere e hai la fila di gente ...".

C’è chi cambia lavoro?

"La voglia viene a molti. Ci sono stati medici dell’emergenza urgenza che sono andati via di fronte a questi ritmi insostenibili. Qualcuno è andato a fare il medico di base, qualcuno ha seguito la sua specializzazione".

Quando c’è un’aggressione, chi vi difende?

"Se è presente l’agente del presidio di sicurezza. Altrimenti telefoniamo alle forze dell’ordine. Lla guardia giurata può intervenire solo in certi casi".

In mezzo a tante tensioni, ci sono pazienti che vi appoggiano?

"Soprattutto le persone anziane. A volte ci ringraziano, hanno degli apprezzamenti per quello che facciamo. Mentre di solito, senza generalizzare, le aggressioni e gli insulti arrivano da persone abbastanza giovani".

E’ capitato di ricevere un dono, un messaggio?

"C’è la pasticceria Bedogni: da quando c’è stato il Covid, ogni domenica e nei festivi portano la colazione al pronto soccorso. E quando vengono ancora adesso ci ringraziano per quello che facciamo. Sono persone speciali".

Paolo Patria