ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

In ricordo di Livatino: "Un esempio eterno per chi combatte l’orrore delle mafie"

Dibattito organizzato dalla Questura con Fondazione Manodori e Rotary. Il procuratore Airoma agli studenti in ascolto: "Era uno come voi". .

Dibattito organizzato dalla Questura con Fondazione Manodori e Rotary. Il procuratore Airoma agli studenti in ascolto: "Era uno come voi". .

Dibattito organizzato dalla Questura con Fondazione Manodori e Rotary. Il procuratore Airoma agli studenti in ascolto: "Era uno come voi". .

"Ciascuno di noi ha la sua Canicattì, il posto in cui deve scegliere da che parte stare. Rosario Livatino prese la decisione giusta laddove anche i magistrati fanno scelte di carriera". Ha spaziato fino agli aspetti della sua vita meno noti. E ha offerto una riflessione sui valori del magistrato ucciso nel 1990, a soli 37 anni, dalla Stidda, e proclamato Beato quattro anni fa da Papa Bergoglio. Lui, Domenico Airoma, procuratore capo di Avellino, è anche il vicepresidente del centro studi intitolato al giudice: ieri è stato ospite dell’incontro conclusivo della prima edizione dell’iniziativa organizzata dalla questura reggiana ’Conoscersi per comprendersi. La polizia tra le persone‘, con il supporto di Fondazione Manodori e Rotary. Di fronte ai ragazzi dell’istituto comprensivo ‘Ligabue’ e della scuola superiore ‘Scaruffi-Levi-Tricolore’, e alle autorità cittadine, il procuratore è stato intervistato da del Carlino, dopo il saluto del questore Giuseppe Maggese. "Dirigevo la rivista ‘Magistratura’, approfondivo i colleghi caduti per aver fatto il loro dovere - ha raccontato Airoma -. Nessuno parlava di Livatino, così a fine anni Novanta visitai Canicattì, dove l’accoglienza non fu facile". Ha premesso: "Evitiamo di farne un santino. Era come voi, mi colpì la sua passione per i film. Era studioso ma non secchione. Ed ebbe anche i suoi amori. Per lui giustizia era ridare dignità alla sua terra, valore che coniugò alla fede". Un nonno-ex sindaco che si oppose al Fascismo, un inquilino del suo palazzo che era mafioso, Livatino scelse presto: "Ma se questo tema lo si riserva alle aule dei tribunali - ha sferzato Airoma - allora nessuno di noi è innocente". Ha ripercorso il lavoro di Livatino ad Agrigento e le sue intuizioni: prima i dieci anni come pubblico ministero (1979/1989) poi l’ultimo, quando morì, da giudice.

"Celebrò uno dei primi processi con imputati amministratori e mafiosi, indagò sui circuiti finanziari, fondò un nucleo attento ai reati ambientali. E si dedicò alle misure di prevenzione patrimoniale", ovvero all’aggressione dei beni dei mafiosi che anche a Reggio ha avuto molta importanza. Ripercorrendo la morte del giudice, ha annunciato che sta lavorando per portare la sua auto, la Ford Fiesta amaranto, al Csm. Parla di "beatificazione provvidenziale in ottica laica". A partire dalla lettura di alcuni scritti di Livatino, si è riflettuto sull’ideale dell’indipendenza dei giudici e sul dibattito scatenato dalla riforma che propone la separazione delle carriere dei magistrati. Airoma è favorevole, seppur mediando: "Si possono avere posizioni diverse, ma salvaguardando l’indipendenza del pm". Prioritario, secondo lui, è sì "dare un’anima alla legge", come scrisse Livatino, "ma senza che i giudici la cambino o la inventino"; e poi la "deontologia". Sono state ripercorse due storie significative legate a Livatino. Pietro Nava, l’agente di commercio di Lodi che si imbattè nell’attentato, diede l’allarme e vive tuttora sotto altro nome. È il primo testimone di giustizia: "Chiediamoci, se fossimo stati in lui, cosa avremmo fatto".

E ha commentato, di fronte alla sua vita difficile: "Vi sono state colpe dello Stato e delle istituzioni nel gestire la sua protezione". Poi Domenico Pace, uno dei killer di Livatino: seppur senza collaborare con la giustizia ha chiesto perdono. "Bene i miracoli nell’ottica della fede, ma importanti sono i cambiamenti come la folla immensa che a Canicattì, pochi giorni fa, ha salutato la salma del giudice portata in pubblico".