In stazione per ricordare Alì "La politica dia risposte vere: progetti per l’integrazione"

Mohamed Messaoud: "Questi giovani immigrati hanno bisogno di sentirsi parte della società". Stasera appuntamento alle 19 in piazzale Marconi, forse arriverà anche lo zio della vittima.

In stazione per ricordare Alì  "La politica dia risposte vere:  progetti per l’integrazione"

In stazione per ricordare Alì "La politica dia risposte vere: progetti per l’integrazione"

3Appuntamento in piazzale Marconi, stasera, ore 19.

Forse, fra i tanti, ci sarà anche lo zio del povero Alì.

L’Associazione Il Dialogo – di cui fanno parte tanti immigrati tunisini – con Mondinsieme, i cittadini de La Voce di via Turri e la Cisl si daranno appuntamento per ricordare Mohamed Alì Thabet, il diciottenne di nazionalità tunisina ucciso sulla banchina del binario 1 dalla coltellata sferrata da un connazionale di 22 anni, identificato e ora ricercato dai carabinieri.

"Non è ovviamente una questione di nazionalità. Il nostro è un discorso d’insieme", tiene a precisare il presidente de Il Dialogo, Mohamed Messaoud, 40 anni (nella foto qui sotto).

Messaoud è arrivato a Sordiglio di Casina quando ne aveva otto.

Oggi è sposato, ha due figli, lavora al commerciale di un’azienda reggiana e parla con un accentuato e ricoscibilissmo accento emiliano ("però non sono pianzano", precisa sorridendo) .

Mohamed Messaoud, renderete omaggio alla memoria del ragazzo. Ma cosa chiedete?

"In una città che dice di lottare per i diritti delle persone, che dice di voler aggregare e integrare e accade che a 18 anni si vive e si muore in una stazione. Sentiamo tante parole, ma la politica deve fare, deve agire. Servono delle risposte".

Come bisognerebbe intervenire per evitare che tanti giovani immigrati finiscano ai margini della società, magari alimentando le cosiddette baby gang?

"Servono dei progetti seri. Molti di questi ragazzi hanno bisogno di educazione, di istruziome, di un’integrazione che non può che passare per il mondo del lavoro. Non parlo di lavoro in giacca e cravatta. Parlo di giardinaggio, di lavori socialmente utili, di quello che serve a noi e a loro, perché non si sentano trascurati, considerati inutili".

Parla dei ragazzi più giovani.

"Certo. Gli immigrati più anziani hanno un’età e una consapevolezza diversi. Alcuni di questi ragazzi sono venuti qui soli, senza genitori che gli abbiano trasmesso dei valori fondamentali. Altri sono cresciuti in famiglie difficili, magari col padre che beve. Il risultato è che tanti giovani crescono senza determinati concetti. Guardi, per me anche quello che ha ucciso è un povero disgraziato. Non ha capito il valore della vita, non ha capito che quando lo prenderanno passerà la sua esistenza in carcere".

Ai giovanissimi servirebbe l’aiuto dei servizi sociali.

"Certo. E mi viene in mente il caso di Bibbiano. Allora mi chiedo: ma questi servizi sanno dove andare ad intervenire? Hanno una scala delle priorità?".

Una volta il rapper Gani disse al nostro giornale che questi giovani immigrati hanno bisogno di avere davanti a sé un cammino, di sentirsi parte della società, di un’opportunità per non sentirsi considerati cittadini di serie B, senza occasioni.

"E senza soldi. E’ vero, ed è quello che diciamo: c’è bisogno di progetti, di un approccio nuovo della politica. Ci deve essere l’istituzione, perché quello che fa il volontariato è eccezionale ma non può essere sufficiente, l’unica risposta della società a un bisogno che riguarda tutti: questi ragazzi come il resto della cittadinanza. Certo, anche noi, come associazione, possiamo fare di più, parlare con questi ragazzi. Ma il compito fondamentale è della politica".

In zona stazione cosa si può fare per cercare di ripristinare una situazione di sicurezza per tutti, comprese le persone che vi hanno trovato rifugio.

"La verità? Sinceramente non so rispondere. Mi sembra una conseguenza delle mancate azioni che si dovevano fare prima, a monte".

Andrea Fiori