Incendio a Cerreto: i pompieri non trovavano acqua

Il giudice ha ascoltato tre vigili del fuoco: pare che ci siano state difficoltà nell’approvigionamento

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È proseguito con l’esame di tre testimoni il processo sul rogo avvenuto all’alba del 29 ottobre 2016 nella palazzina di legno ‘Palaghiaccio 1’ a Cerreto Laghi. Non vi furono feriti, ma nove appartamenti, soprattutto case-vacanza, andarono in fumo (foto). Vittorio Prato, classe 1983, legale rappresentante della ditta che curò la sostituzione della stufa, è a processo per incendio colposo. Secondo la ricostruzione del pm Giacomo Forte, si trattò di un’installazione errata: nella scorsa udienza il consulente nominato dalla Procura aveva riferito che la canna fumaria "non era stata oggetto di intervento durante la sostituzione della stufa". Secondo la tesi difensiva, sostenuta dall’avvocato Claudia Grasselli, il malfunzionamento della stufa è tutto da dimostrare, mentre la causa dell’incendio sarebbe dovuta alle criticità riscontrate dai vigili del fuoco nel loro intervento. Ieri tre pompieri e l’ex comandante dei carabinieri di Collagna sono stati sentiti davanti al giudice Michela Caputo come testi del pm.

Un vigile del fuoco ha riferito che c’era stato un grosso problema di approvvigionamento d’acqua: gli idranti al Cerreto non la erogavano perché dall’autunno alla primavera Iren li chiude per evitare il congelamento. Secondo quanto riferito ieri, i pompieri hanno provato a usare gli idranti collocati sia nella zona della palazzina sia vicino al lago, ma invano. Dapprima erano arrivati i vigili del fuoco di Castelnovo Monti, che hanno potuto usare solo l’acqua delle loro autobotti, e poi quelli di Reggio che a causa della distanza hanno dovuto impiegare parecchio tempo. Un carabiniere ha acquisito foto e video da un profilo facebook di un uomo che aveva documentato il lavoro sulla stufa: il militare sarà sentito nella prossima udienza insieme ad altri testi.

Alessandra Codeluppi