Incidente mortale a Casalgrande, il figlio della 74enne. "Me l'hanno ammazzata"

Veggia, il dolore del figlio Massimo: "Ha protetto la bimba col suo corpo. Una mamma esemplare". La donna aveva vissuto a Sassuolo

I sanitari del 118 hanno provato a rianimare l’anziana, che è morta sul colpo (Artioli)

I sanitari del 118 hanno provato a rianimare l’anziana, che è morta sul colpo (Artioli)

Casalgrande (Reggio Emilia), 12 luglio 2018 - «Me l’hanno ammazzata. Mancavano ancora due maledetti passi al marciapiedi. Stavano camminando dal campo sportivo in direzione della chiesa ed erano sull’ultima striscia bianca, quando sono state tutte investite. Non si può morire così, come mia madre». Non si dà pace Massimo Fontana, 52 anni, uno dei due figli di Giovanna Ganassi, la donna di 74 anni - residente per tanti anni a Sassuolo e moglie del defunto Bruno Fontana, sassolese -  travolta dalla macchina e morta sul colpo ieri mattina a Sant’Antonino. L’uomo abita nella stessa casa dove risiedeva la madre, in via Pellati 3 alla Veggia di Casalgrande: lui con le figlie Lorenzo, 21 anni e Melissa, di 23, sopra; la 74enne al piano terra, dove confinava con le due sorelline di sei e tre anni, che da anni le venivano affidate dai genitori, perché tra l’anziana e la famiglia dei vicini si era creato un meraviglioso rapporto di di fiducia e amicizia. «Le due bambine era come se fossero le sue seconde nipotine – racconta l’uomo –. I loro genitori le facevano talvolta dormire con lei. Se avevano bisogno, mia madre era disponibile ad aiutarli. Per le bambine, era come una terza nonna.Quando preparava una torta, ne tagliava una fetta anche per loro. Se faceva un buon piatto, lo faceva assaggiare anche alle piccole». La voce si incrina: «Durante l’incidente mia madre ha cercato di proteggere la bambina di tre anni, a cui si trovava vicina, con il proprio corpo. Ed è morta...».

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La famiglia della donna, nata a Viano l’8 ottobre 1943, era originaria di Scandiano. Poi Ganassi si trasferì a Sassuolo (Mo), a 18 anni. Si sposò con Bruno Fontana, «sassolese – racconta il figlio Massimo – come un sasso del Secchia», di mestiere imbianchino. La donna ha lavorato nel settore agricolo, poi come sarta nell’ex ditta di abbigliamento ‘Maska’, per poi aprire, insieme al marito, un negozio con i prodotti per dipingere e verniciare, la mesticheria ‘G&G’ a Spezzano, sempre nel Modenese, attività da cui lei si ritirò raggiunta l’età della pensione. La coppia si è poi trasferita alla Veggia quattordici anni fa. Il marito è morto nel 2011 a causa di una malattia. La donna divideva il proprio tempo tra la cura dei nipoti e delle bambine vicine di casa, ma non solo: «A volte la portavo in parrocchia a preparare i tortelli per la sagra. Sapeva tenere unite le persone – è il ricordo commosso del figlio –. Alla domenica voleva sempre che tutti andassimo a pranzo da lei». Al dolore si unisce il desiderio di capire come sia accaduto l’incidente, se vi siano responsabilità, a partire dalla ricostruzione della polizia municipale e delle testimonianze di chi ha assistito al tragico incidente: la famiglia della vittima sta consultando un avvocato. Oltre a Massimo, la 74enne lascia un altro figlio, Marco, che abita a Sassuolo, e un’altra nipote, Francesca, di 19 anni.

Anche Massimo è un volontario della parrocchia a pochi passi dalla quale è avvenuta la tragedia: «Le daremo l’addio a Sant’Antonino. Era davvero una mamma e una nonna esemplare».