Gli infortuni sul lavoro a Reggio Emilia sono cresciuti dopo la crisi

Trovate sostanze infiammabili nel silos di Iren

Reggio Emilia, tragico incidente sul lavoro a Iren (Foto Artioli)

Reggio Emilia, tragico incidente sul lavoro a Iren (Foto Artioli)

Reggio Emilia, 11 ottobre 2018 - Dopo aver toccato il numero più basso, nel 2016, il numero degli infortuni sul lavoro è tornato ad aumentare: nel 2017 ha superato quota 11mila. Khedidja Sayah, membro della segreteria confederale della Cgil - tra le sue deleghe mercato del lavoro, politiche contrattuali, salute e sicurezza - mette in correlazione le cifre all’andamento della nostra economia.

«Nel 2012, quando si è registrata la ripresa, abbiamo avuto il picco: 13.875 infortuni. Anche nel 2017, in coincidenza con il miglioramento degli indicatori economici e produttivi, c’è stata una crescita. E ora, in attesa dei dati Inail definitivi, stiamo monitorando l’andamento del 2018». I numeri non sono certo confortanti, secondo la sindacalista, che parla di «allarme infortuni». E, per quanto alti, sono comunque parziali: «Esistono contesti di lavoro che inducono il lavoratore a segnalare gli infortuni. Denunciarli è un lusso». In quali situazioni? «Ad esempio nei casi di lavoratori in somministrazione o con contratto in scadenza: temono di non essere rinnovati. La precarietà fa aumentare la vulnerabilità e porta al silenzio sui diritti. In questi casi anche le aziende possono avere problemi sulle certificazioni, così qualcuno non denuncia», spiega la sindacalista. Altri che scelgono, forzatamente, di non segnalare, lavorano in nero.

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Impossibile non pensare al 27enne Buba Darbae, gambiano richiedente asilo morto il 26 settembre in seguito a una caduta dal trattore a Casina. «Noi dovremmo considerare Silvio Sotgiu, vittima dello scoppio del silos, come prima vittima del 2018 sul lavoro. Ma in realtà è già la seconda, dopo Buba, sul quale abbiamo chiesto informazioni: ci hanno detto che lavorava in nero – afferma Sayah –. Quando si rimane a lungo nel limbo in attesa della risposta sullo status di profugo, si può diventare facili prede di chi offre lavoro pagato a giornata senza inquadramento, per avere un po’ di soldi da mandare in patria, o anche finire nel circolo della delinquenza. L’ultimo decreto del governo, che abbina l’immigrazione alla sicurezza, e la legge Bossi-Fini, non aiutano».

Poi c’è la tragedia, maturata in un contesto diverso, di Sotgiu, ma con un filo conduttore unico: «Dietro queste morti c’è sempre una responsabilità – continua la sindacalista –. Qualcosa non ha funzionato. Il lavoratore era stato informato dei possibili rischi? Il silos avrebbe dovuto essere bonificato: se non è successo, è chiaro che c’è stato un problema».

Il 2011 e il 2016 sono stati gli anni più neri, con il maggior numero di morti sul lavoro a Reggio: in quindici anni in tutto 102 vite perse (nel 2003 ben tredici, undici nel 2011 e dieci sia nel 2007 sia nel 2016). «Precarietà dei lavoratori, ciclo produttivo frammentato in appalti e subappalti non aiutano chi deve vigilare. Il testo unico per la sicurezza spesso non è rispettato e per di più una ventina di decreti non sono attuati».

Novellara ha avuto la maggiore crescita di infortuni, passando dai 100 del 2002 ai 232 del 2017: «Un comune che si è rivelato in piena crescita produttiva – annota la sindacalista –. In altri, invece, i numeri sono in calo: significa che ci sono meno infortuni, che gli organi hanno vigilato o che si denuncia di meno?». Tra tanti quesiti aperti, la Cgil ha una certezza: «È inaccettabile risparmiare sui costi del lavoro, non applicando il contratto nazionale di lavoro, e ancor di più – conclude Sayah – sulle vite umane».

Il Sindacato generale di base rilancia uno sciopero generale di tutti i settori pubblici e privati per il 26 ottobre: «Quella di Sotgiu – scrivono – è l’ennesima grave tragedia, figlia di una continua precarizzazione esacerbata dalle riforme dei vari governi». Paolo Capone, segretario nazionale dell’Ugl, tuona: «Occorre una maggiore cultura della sicurezza e più formazione per i lavoratori. Auspico che il governo preveda investimenti».