Reggio Emilia, "insultato al lavoro per la maglia Pd. Grave discriminazione, è andato via"

Il papà: "Lite perché aveva la t-shirt Festareggio". Consulenza alla Cgil

IL CASO Una delle maglie usate dai volontari di Festareggio

IL CASO Una delle maglie usate dai volontari di Festareggio

Reggio Emilia, 13 luglio 2017 - «Insultato dal titolare dell’azienda per aver indossato una maglia di FestaReggio e col logo del Pd sul luogo di lavoro». È quanto racconta un ragazzo reggiano di 17 anni. Tutto sarebbe accaduto venerdì scorso in una piccola azienda meccanica di Cadelbosco dove il giovane – tramite un’agenzia – aveva trovato un lavoretto per le vacanze scolastiche in modo da mettere qualche soldo in tasca, ottenendo un contratto fino al 31 luglio. Tutto è filato liscio fino a venerdì quando il ragazzo – che frequenta l’istituto meccatronico e che già da un mesetto era l’addetto alle macchine a controllo numerico – avrebbe avuto un pesante diverbio con il figlio del proprietario. Quest’ultimo si sarebbe scagliato contro al 17enne perché indossava una maglietta rossa del Pd.

«Lo ha accusato gratuitamente di una presunta militanza – chiosa il padre Pierluigi Scognamiglio –, fino alle colpe della scuola che secondo questo imprenditore ha professori tutti del Pd che insegnano solo diritti e non doveri. Mio figlio l’ha indossata ingenuamente, non ci ha neppure pensato. Non voleva fare propaganda. Ha trovato questa maglietta dal cassetto perché era la prima che gli è capitata in mano per potersi mettere a lavoro, dato che l’azienda aveva consegnato solamente due t-shirt ed è evidente che non bastano in una settimana». 

Il figlio dopo le offese avrebbe risposto così: «A queste condizioni non ci sto». E il titolare: «Sei tu che vai via, non io che ti caccio». Il ragazzo se n’è andato e non è più tornato a lavorare. «Mio figlio ha risposto in modo tranquillo. Gioca a football americano negli Hogs e ha imparato a rispettare le opinioni di tutti, ma non ad essere sottomesso. Bastava che quest’uomo gli dicesse di non metterla più e sarebbe tutto finito». 

Il padre parla di «grave discriminazione che ha portato il ragazzo a rimanerci male». E ci sono state tante reazioni in città. Uno dei più indignati è il sindaco Emanuele Cavallaro: «È legittimo che un titolare possa dire che si viene a lavorare in una tenuta consona al lavoro, che rispetti magari le norme di sicurezza. Così come è legittimo persino dire a uno che non la si pensa come lui: anzi, è pure giusto. Ma licenziare per una idea diversa dalla tua, no. Si viola un principio costituzionale. Personalmente, mi preoccupano più queste forme di fascismo vivo che le patacche di qualche furbastro che si fa pubblicità al lido in spiaggia puntando sull’indignazione della gente. Posto che anche in questo caso le leggi vanno rispettate. Mi pare una cosa gravissima». 

In realtà non si tratta di licenziamento come precisa il sindacalista Marco Barilli della Nidl-Cgil a cui il ragazzo si è rivolto per avere assistenza: «Lui non si presenterà più e non verrà pagato, dal punto di vista normativo è molto semplice. Non c’è neppure bisogno che lui si dimetta, vista la durata esigua del contratto. Certo è un caso curioso e non mi è mai capitato in tanti anni qui. Però purtroppo non mi stupisco più di nulla ormai. I lavoratori hanno sempre meno diritti. Cosa rischia il titolare? Nulla. Ci vorrebbero testimoni disposti a parlare e si sa come vanno queste cose. Ma se anche si trovassero, si configurerebbe una discriminazione di carattere politico, al pari dell’orientamento sessuale o religioso come è scritto nella Costituzione. Ma il padrone in questione non avrebbe ripercussioni se non a livello d’immagine».