Kanonieri Kurdi, assolti a sorpresa "Non è associazione a delinquere"

Il giudice, dopo due ore di camera di consiglio, non ha ritenuto sufficienti le prove per dimostrare che vi fosse una struttura unica dietro alle decine di furti in casa. Ma dovranno rispondere dei singoli reati

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di Alessandra Codeluppi

Per loro il pm Isabella Chiesi aveva chiesto pene fino a oltre 8 anni, ritenendoli tutti quanti responsabili del reato di associazione a delinquere aggravato dalla transnazionalità: accusa da cui ieri il tribunale, all’esito di una camera di consiglio durata oltre due ore, li ha assolti in primo grado "perché il fatto non sussiste". Sei di loro erano in custodia cautelare in carcere e due ai domiciliari: sono stati rimessi in libertà. Ma la partita giudiziaria non è finita qua: in un altro procedimento gli otto imputati, tutti georgiani, dovranno rispondere dei reati-fine, ovvero la miriade di furti in casa che sono accusati di aver commesso a Reggio e in Europa, così come altri presunti sodali. Loro sono soltanto alcuni tra gli indagati nella maxioperazione ‘Kanonieri kurdi’, i cosiddetti ‘Ladri della legge’: nel febbraio 2021 la polizia di Stato eseguì in Italia ed in vari Stati 62 misure cautelari detentive (58 in carcere e 4 ai domiciliari). Un corposo gruppo di indagati era costituito da georgiani, un altro da ucraini. Durante l’attività di indagine, avviata nel novembre 2015, la squadra mobile, coordinata dal dirigente Guglielmo Battisti, aveva eseguito arresti o fermi di 37 persone, recuperato refurtiva per oltre 20 furti in abitazione a Reggio e in tutto il nord Italia.

Nella requisitoria sui georgiani, ieri il pm Chiesi ha parlato di "struttura a cella di alveare": "Più gruppi di uomini facevano furti in casa autonomamente, ma erano collegati tra loro. Dalle intercettazioni dei parenti, è emerso che rubare nelle abitazioni era il loro lavoro". Il pm ha rimarcato che "tutti operavano con le stesse modalità: usavano chiavi artigianali forgiate da loro stessi", riuscendo ad aprire le porte senza che i derubati si accorgessero della loro visita: "Chi era più abile riusciva poi a capeggiare le batterie". Ha sostenuto l’esistenza di una struttura organizzativa "più che stabile, diffusa in più parti d’Italia, e non piramidale. Ognuno di loro appartiene al sodalizio perché ha fatto parte della cellula operativa con sistema rodato dal 20102011. In intercettazione parlano di un capo liberato dopo il Riesame: come facevano a sapere che era lui?". Il pm ha chiesto così le seguenti condanne: 8 anni e 11 mesi per Karl Svobodny (difeso dagli avvocati Mattia Fontanesi e Martina Urban); 7 anni e 2 mesi per Shalva Androsian (avvocati Tria e Massimiliano Pergetti); 5 anni e 4 mesi sia per Jemali Tevzadze (avvocato Tria) sia per Giorgi Tchulukahdze( avvocati Federico Bertani e Tria); 4 anni e mezzo per Vaja Kirvakidze (avvocato Tria); 4 anni, 4 mesi e 15 giorni per Giorgi Bigvala (avvocato Bevilacqua di Genova); 3 anni e 2 mesi sia per Imeda Moseliani (avvocati Bertani e Tria) sia per Rati Rekhviashvili (avvocato Giuseppe Caldarola). Le difese hanno sostenuto che non vi fossero prove sufficienti per sostenere l’esistenza di un’associazione criminale strutturata: "Non emerge la struttura gerarchica in cui c’è chi dà direttive, e neppure una cassa comune per i proventi dei reati, così come manca l’attività di correlazione tra i vari soggetti", ha sostenuto l’avvocato Tria, difensore della maggior parte degli imputati. All’esito del verdetto, pronunciato dalla Corte presieduta da Simone Medioli Devoto, a latere Chiara Alberti e Michela Caputo, il legale ha espresso "grande soddisfazione, in quanto pare che il tribunale abbia accolto interamente la tesi difensiva".