di Francesco Giro
"Riconosco di aver usato termini forti, ma chi si immaginava una gogna mediatica di questo tipo? Essere querelato dal capogruppo di un partito politico, onestamente, è l’ultima cosa che mi sarei aspettato".
Questo l’epilogo della bufera social che ha visto protagonista Marco Vicini, presidente del circolo Arci Tunnel. Il motivo? Un post rivolto a Graziano Delrio dai toni parecchio ‘accesi’, pubblicato su Facebook a dicembre scorso, in cui l’ex ministro dei trasporti – oltre che la famiglia Benetton – veniva incolpato in termini perentori della strage causata dal crollo del Morandi.
La rabbia di Vicini era stata causata da un articolo in cui si parlava di mancati controlli e manutenzione sul ponte Morandi, crollato il 14 agosto 2018 e causa della morte di 43 persone: "Ho usato toni iperbolici e provocatori per accusare i Benetton, Delrio e tutta la classe politica italiana dietro le concessioni autostradali degli ultimi trent’anni. Ma il mio post ha raggiunto una decina di persone. Il problema grosso è stata la gogna a cui sono stato sottoposto nei giorni seguenti".
Vicini si riferisce alla ricondivisione del suo contenuto da parte di una pagina Facebook reggiana – tendenzialmente vicina al Partito Democratico – seguita da quasi 15mila persone: ‘questo signore, esponendosi in modo indecoroso, dimostra di non sapere che infamare persone sui social con parole come assassino o stragista è un reato penale’.
Chiaramente, il post ha così raggiunto centinaia di persone, tra cui uno dei figli dell’ex sindaco Delrio, che aveva promesso azioni legali, ufficialmente arrivate qualche giorno fa: "Ho ricevuto una telefonata dai Carabinieri in cui mi informavano della querela – continua –, proprio allo scadere dei tre mesi necessari per presentarla. Per ora, però, sono solo indagato e non imputato, perché non ho ancora ricevuto alcun fascicolo con le accuse per iscritto. Giovedì avrò un interrogatorio con la Procura per spiegare la mia versione".
Vicini si difende: "Le mie intenzioni erano chiare, ma pensavo fosse anche chiaro che realmente non avessi accusato nessuno di aver piazzato bombe sotto il ponte Morandi. Era un’iperbole da social, a quanto pare non capita".
Una cosa, però, è chiara: "Il 95% della visibilità di questa vicenda è stata data dalla pagina Facebook che ha condiviso il mio post (che preferiamo non citare; ndr), taggando peraltro il figlio di Delrio. Mi sembra solo un teatrino mediatico (e politico) creato ad hoc".