La Casa dei pontieri, uno scrigno di storie

Sulla sponda del fiume Po, a Boretto, sorge un piccolo museo dedicato ai passaggi galleggianti che collegavano Reggiano e Mantovano

La Casa dei pontieri, uno scrigno di storie

La Casa dei pontieri, uno scrigno di storie

Sulle sponde del fiume Po, alle porte di Boretto, sorge la "Casa dei pontieri", un piccolo museo dedicato ai ponti di barche e al mestiere dei pontieri. Il museo è stato fortemente voluto da Romano Gialdini, figlio dell’ultimo capo pontiere, Dino, a cui è intitolato. Al suo interno sono custoditi oggetti e immagini significative del ponte di barche con lo scopo di documentare le trasformazioni che hanno interessato le modalità di attraversamento del fiume, raccontare la vita e le abitudini prima della costruzione del ponte in cemento e tramandarne il ricordo alle generazioni future.

Proprio Romano Gialdini ci ha accolto e fatto da guida quando, il 29 marzo scorso, la nostra classe è andata in visita al Museo al termine del progetto "Divento un Po Grande", il cui obiettivo è di far scoprire il territorio del Grande Fiume alle nuove generazioni. Gialdini ci ha esposto la storia del ponte e dei suoi pontieri, insieme a quella della sua famiglia. Prima dell’edificazione dell’attuale ponte in cemento, realizzato nel 1967, le due sponde del fiume, quella reggiana e quella mantovana, erano collegate da un ponte galleggiante, detto anche ponte in chiatte, costituito da passerelle collegate tra di loro e sorrette da barche, edificato nel 1866. Le chiatte erano 92, suddivise in 46 coppie di barche, per una lunghezza di 920 metri, poi ridotti a 620 quando vennero realizzate le testate. Il ponte era sorvegliato giorno e notte e proprio di notte due pontieri di turno si alternavano e andavano a dormire in una casetta.

Il ruolo del pontiere era fondamentale: doveva occuparsi della manutenzione del ponte, di regolare il traffico, controllando che non passassero contemporaneamente vetture troppo pesanti, e di ‘aprire’ manualmente il ponte in caso di passaggio di imbarcazioni di grandi dimensioni, operazione che poteva durare anche diverse ore in base alla grandezza della nave che doveva passare. Il pontiere aveva anche il compito di svuotare dall’acqua piovana le barche che sostenevano il ponte: un lavoro molto faticoso che andava fatto con l’uso di pale e che poteva anche durare per giorni. Ancora oggi, di fronte all’ingresso del museo, è visibile il punto di inizio del ponte in chiatte, con a fianco una guardiola al cui interno è presente un cartello con i prezzi dei pedaggi. Le tariffe erano varie e andavano da un minimo di 0,05 lire per i pedoni, fino a un massimo di 3 lire per i carri funebri. La visita ci ha lasciato un bellissimo ricordo, Romano Gialdini, insieme alla storia del ponte di barche Boretto-Viadana, ci ha raccontato tanti aneddoti, ci ha trasmesso tutta la sua passione per questo importante pezzo del suo passato ed è sempre stato disponibile a rispondere alle nostre domande invitandoci a tornare con le nostre famiglie.

Classe II B