La famiglia fa quadrato Il giudice: "Dite la verità"

La sorella di Grande Aracri racconta i rapporti all’interno della casa. In silenzio il nipote Girolamo Rondinelli, la rabbia di Lerose: "Tutta colpa di altri"

Migration

"I rapporti tra Francesco Grande Aracri e il fratello Nicolino non erano tanto buoni. Non si vedevano: il primo abita a Brescello, l’altro a Cutro. E poi Nicolino era sempre in prigione".

Maria Grande Aracri descrive così i rapporti tra i suoi due fratelli: Francesco è imputato per mafia nel processo ‘Grimilde’, Nicolino è il boss della ‘ndrangheta di Cutro. La donna è la moglie di Carmine Rondinelli (venuto a mancare) e la madre di Girolamo Rondinelli, condannato non ancora definitivo per minacce con metodo mafioso alla ex consigliera di Brescello Catia Silva. La donna è stata sentita ieri come testimone, così come altri parenti, citata dalla difesa di Francesco Grande Aracri e del figlio Paolo, pure lui imputato per 416 bis. Lei ha detto di abitare a Brescello da più di trent’anni. Più volte è stata sollecitata dal presidente della corte dei giudici Donatella Bove "a dire la verità".

La donna è sembrata descrivere uno scenario in cui i rapporti familiari erano allentati. Lei è stata dal 2007 al 2009 titolare del bar ‘Peppone’ in piazza a Brescello, poi venduto: "In quel periodo diedi 25mila euro in contanti a Salvatore Grande Aracri (altro figlio di Francesco, imputato per mafia nel rito abbreviato di Grimilde, ndr), che aveva bisogno di soldi mentre il padre era in carcere. Poi ho cominciato a chiederglieli nel 2010 perché lui se ne fregava. Lui me li restituì con tre assegni portandomeli a casa mia". Dice di essere distaccata da Cutro: "Vado ogni tanto, l’ultima volta in maggio per la ricorrenza della Madonna". Ha detto che quando Francesco era libero "lo incontravo poco". E che quando Nicolino era fuori dal carcere "lo andavo a salutare così come i miei fratelli": "Lui è venuto pochissimo a Brescello, passava a casa mia per un saluto e poi andava". Nega di aver mai visto Francesco a casa di Nicolino. Sui rapporti tra i familiari appare evasiva "Non posso sapere tutte le questioni dei miei fratelli". Ma il giudice la incalza: "Cerchi di ricordare". E lei dice: "Nicolino ha preso quella strada, Francesco cercava di stare alla larga e poi ci è caduto lui. Nostro padre Salvatore, contadino, non ebbe mai problemi con la giustizia. Il primo fu Nicolino: noi chiamavamo lo stupido. Era un bravissimo ragazzo, poi è diventato un delinquente".

Dice di essere andata in carcere con la figlia di Nicolino a colloquiare con lui qualche mese fa: "Non lo vedevo da parecchi anni". È stato poi chiamato a testimonare il figlio Girolamo Rondinelli: come parente degli imputati, ha deciso di non rispondere. Parola poi a Francesco Lerose, marito di Giovanna Grande Aracri, sorella di Francesco. Si è soffermato sulla società edile che ebbe con l’imputato a partire dal 1988: "Allora guadagnavamo 200-300 milioni di lire all’anno". Anche l’avvocato Curatolo lo incalza: "Tutti i teste della difesa rispondono tra i denti e a metà. Non dovete avere paura". Descrive i tempi in cui lui e Francesco costruirono le loro case a Brescello, "nel weekend, liberi dal lavoro". Dice che "da Francesco è andata Giovanna qualche mese fa". Incalzato sulla casa confiscata a Francesco, si lascia scappare: "Tutti abbiamo problemi per colpa di altri...". Poi, incalzato dal difensore, dice: "Per colpa di Nicolino". al.cod.