"La lottizzazione aiutò lo cosca Permise ai soci di avere prestiti"

Al processo contro Francesco. Falbo la testimonianza. del luogotenente D’Agostino

Lui è una figura emblematica del processo di ‘ndrangheta ‘Aemilia’: figura come vittima, perché costretto a cedere tutte le quote delle sue società, ma al contempo anche come imputato dell’affare Sorbolo, ovvero la maxilottizzazione nel comune parmense sottoposta di recente a confisca. Le vicende che ruotano intorno a Francesco Falbo portano direttamente alla nostra terra: lui, 56 anni, è imputato a Reggio con l’accusa di reimpiego di capitali e materiale edile, con l’aggravante mafiosa, perché sarebbe stato consapevole che il denaro utilizzato apparteneva alla cosca. Davanti alla Corte presieduta da Giovanni Ghini, a latere Donatella Bove e Matteo Gamberati, ieri il pm della Dda Beatrice Ronchi ha chiamato a testimoniare il luogotenente dei carabinieri Emidio D’Agostino, sentito a lungo anche in ‘Aemilia’, che si è soffermato anche sui collegamenti reggiani dell’affare edilizio. "L’intervento immobiliare di Sorbolo, del valore di 15-20 milioni, permise ai soci di chiedere prestiti alle banche e di assegnare lavori anche a imprese dei parenti del boss Nicolino Grande Aracri". Cita il nipote Salvatore Grande Aracri, figlio del fratello Francesco, che abitava a Brescello ed è stato condannato per mafia a 20 anni nell’abbreviato del processo ‘Grimilde’. "Alcune imprese furono usate per fare false fatturazioni": tra queste, lui nomina la K1 srl, che aveva sede in via Zacchetti, dichiarata fallita nel 2015. In luglio Falbo è stato raggiunto da un provvedimento di confisca da 10 milioni e sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per 5 anni.

Alessandra Codeluppi