Viaggio a Brescello, "La mafia è stata la nostra disgrazia. Senza saremmo un altro paese"

Al centro del processo Grimilde contro le infiltrazioni di ’Ndrangheta. I commenti dei cittadini: "Sono quelle famiglie ad aver rovinato l’immagine del borgo, non le inchieste"

Viaggio a Brescello

Viaggio a Brescello

C'è un clima strano, a Brescello. Un’atmosfera bigia che assomiglia al cielo autunnale padano. Chi cammina in paese con una macchina fotografica e un taccuino in mano viene scorto da lontano. C’è chi fa il giro, più volte, a piedi o con l’auto (e finestrino abbassato) per ascoltare; qualcuno si avvicina, scuote la testa, poi preferisce andarsene e si allontana. Però, a differenza del passato, c’è anche chi ha voglia di parlare. C’è chi, di fronte a quell’attacco pesantissimo contenuto nella requisitoria della pm dell’antimafia Beatrice Ronchi, decide di non stare zitto.

"Francesco Grande Aracri è stato il primo a essere ‘ndranghetista mimetizzandosi nella società civile (...). Ma, se tutto ciò è avvenuto, lo si deve pure all’accoglienza che gli ha riservato Brescello. Non è oggetto del processo verificare se Brescello ha capito che non ci si difende dalla mafia negandola. Speriamo almeno che ‘Grimilde’ abbia aiutato ad aprire qualche occhio in più", ha scandito il magistrato della Dda in aula.

E allora, davanti ai bar aperti che su via Cavallotti si snocciolano senza soluzione di continuità, nel naturale approdo a piazza Matteotti (piazza don Camillo e Peppone, come la chiamano le guide turistiche), stavolta c’è anche chi ha voglia di dire la sua.

"La sindaca ha detto che Brescello ha aperto gli occhi? Be’, di sicuro se ne parla e si sente anche che il paese ne ha risentito. C’è un misto di sofferenza e rabbia. Di sicuro la presenza di certe persone si percepiva. Ma adesso, davvero, qualcosa sta cambiando: la gente prima era più timorosa; adesso ha più voce, non ci si preoccupa anche a parlare dei problemi che ci sono. È diverso", racconta Antonietta Giordano, 24 anni, che lavora in una pizzeria fuori dal paese.

Seduto al tavolino del bar Piccola Lu con un amico, intento a fare l’aperitivo, c’è Gabriele Mingori, ex commerciante oggi pensionato di 81 anni. "A me non risulta che ci siano mai stati problemi di questo tipo (le infiltrazioni mafiose, ndr). A 30 metri da qui ho un negozio di alimentari e non ho mai percepito nulla, né ho avuto problemi. Forse perché non mi sono mai occupato di politica e da ’certe cose’ ho voluto stare alla larga".

Nel bar Bollicine, di fronte, stessa scena: un tavolino e un aperitivo, intorno alle 12. Stavolta seduto c’è Idres Poli, pensionato di 73 anni. Lui, su ciò che è accaduto a Brescello negli ultimi decenni, ha però le idee molto chiare: "Speravo che di anni di galera ne chiedessero 1.230, non 123 – esclama –. Almeno così ci saremmo liberati. Se è vero, come dice la pm, che il paese ha aiutato certi membri della cosca a insediarsi qui? Certo che è vero. Chi aveva interessi di un certo tipo ha spalancato le braccia. E adesso, sinceramente, la situazione non è molto cambiata. Certe persone in giro si vedono sempre; io li schivo, ma ci sono. Il lavoro da fare sarebbe ancora molto lungo. Sono loro ad aver danneggiato il nostro paese; non le inchieste, quelle vengono di conseguenza. Si guardi intorno: ci sono sette negozi aperti su 5mila abitanti. Le sembra una cosa normale? Significa che c’è qualcosa che non va".

Significa che in un borgo piccolo e a tratti pittoresco, famoso in tutto il mondo, un borgo che in piazza sfoggia le statue di Peppone e don Camillo, "quasi nessuno più si ferma. Loro hanno rovinato il paese. Questa è la verità".

Al bancone, però, c’è chi non la pensa con me lui. E con accento del sud mugugna: "Non è vero niente, sono tutte bugie, invenzioni". Poi, prende la porta e se ne va. Anche una signora che esce dal fioraio preferisce non metterci la faccia: "Il povero ex sindaco Marcello, che è tanto un bravo ragazzo, è stato messo in trappola, gli hanno teso un tranello. Questa è la verità. Del resto, è passato anche tanto tempo.... "

Lei si allontana. Ma arriva un altro anziano: "Guardi, non mi faccia dire il nome. Preferisco di no... Io la conosco bene la famiglia Grande Aracri. E se devo dirle la verità ho anche un po’ paura; proprio perché li conosco bene. Quella è la nostra disgrazia. Senza di loro, me lo faccia dire, saremmo un altro paese".