"La nostra sanità non è attrattiva Rimettiamo al centro il lavoro"

Il segretario della Cgil: "I professionisti preferiscono gli ospedali universitari di Parma e Modena. La fusione tra Asl e Santa Maria non ha portato ai risultati sperati. E le condizioni in reparto sono peggiorate"

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(Continua dalla prima) E infine mancano i medici di base, fino a qualche decennio fa vero avamposto non solo scientifico ma anche relazione della medicina sul territorio. Questo quadro di densa problematicità ha cause lontane e si è rapidamente composto per una serie di concause. L’esperienza del Covid ha stressato profondamente uomini e donne che per mesi sono stati in prima linea a fronteggiare l’ignoto. Molti di loro non solo non hanno mai recuperato sul piano psicologico, ma non hanno nemmeno ricevuto quel riconoscimento professionale che si attendevano. La fusione fra Asl e Azienda ospedaliera è stata una fusione a freddo che non ha portato le sinergie e le integrazioni attese. Un giovane medico evita di planare sulla nostra provincia, dove rischia di essere assunto a Reggio Emilia per poi essere dirottato a Castelnovo Monti; preferisce le più blasonate Parma e Modena con le loro cliniche universitarie. Se il personale ospedaliero è cronicamente sottorganico è chiaro che le lavoratrici e i lavoratori vengono spremuti in termini di turni e disponibilità; e quando finalmente si stancano migrano verso altre realtà più tranquille, aggravando ulteriormente i deficit del personale.

Servono assunzioni e anche tante certo; ma serve soprattutto la valorizzazione del lavoro e iniziative volte a rendere accattivante una batteria di professioni cui non possiamo fare a meno. Regione, Provincia, Comune, nei reciproci ambiti di competenza che sono diversi, debbono ragionare di un piano di sviluppo per il comparto socio sanitario assistenziale. Un piano che abbia intanto una visione strategica, che sappia promuovere incastri virtuosi e sinergie che parta dal lavoro, sul piano quantitativo e qualitativo, come cardine su cui costruire un’offerta di servizi capace di rispondere ai mutati bisogni dei cittadini. Le condizioni di chi lavora sono spesso e a torto ritenute una variabile dipendente di un sistema spesso farraginoso e burocratico; bisogna invertire lo schema: chi lavora in sanità, chi assiste disabili e anziani è il primo ambasciatore del tasso di civiltà della nostra comunità e come tale dovrebbe essere considerato. Porre al centro il lavoro, attuando una interlocuzione profonda con chi il lavoro lo rappresenta, significa investire sul futuro del sistema, significa riformarlo, puntando sulla qualità dell’offerta, rinvigorendo il ruolo del pubblico. Questa secondo noi deve essere la pre-condizione di ogni ragionamento, l’impalcatura su cui impostare veri e propri piani industriali per le imprese che insistono su questo delicato settore.

La “Reggio Città delle Persone” è attesa da questo impegnativo banco di prova: si è città delle persone quando non si abbandona le persone in difficoltà, quando le si fa sentire al sicuro nei momenti più duri dell’esistenza come possono essere la malattia e la vecchiaia.

Cristian Sesena, segretario della Cgil di Reggio Emilia