di Alessandra Codeluppi
Lei, una monaca di clausura, è uscita in via eccezionale dalla sua comunità religiosa per testimoniare in tribunale, nel processo in cui si contesta il furto di una reliquia del Santo padre Pio da Pietrelcina. Il procedimento è scaturito dalla denuncia sporta da Achille Melegari, che fu parroco di Cella, Cadè e Gaida fino al 2017 quando lasciò l’abito talare e poi sposò Gerardina Bellassai, nota per la sua attività coi City Angels. L’ex sacerdote ritiene che la reliquia e altri beni gli siano stati sottratti dal fratello Alberto Melegari, 69enne di Quattro Castella, ora imputato. Si è costituita parte civile la 63enne Bellassai, tutelata dall’avvocato Giacomo Fornaciari. Davanti al giudice Matteo Gambarati, dapprima è stato sentito Achille Melegari, 64 anni, che si accorse della mancanza dei beni custoditi in un cassetto segreto dentro un armadio che aveva in parrocchia e che poi portò in una casa di Reggio in comproprietà col fratello: "La reliquia apparteneva a Gerardina: me la consegnò quand’ero ancora sacerdote".
Il manufatto consiste in una pezzolina del costato di padre Pio, cioè un tessuto con macchie di sangue, oltre a una porzione del cordone e del saio. "In un momento di grave difficoltà, Gerardina cercò rifugio dalle suore, che gliela donarono perché lei era devota al Santo. Quando fu ricoverata nel 2016 in ospedale per una polmonite bilaterale portò con sé la reliquia: la sua guarigione a detta dei medici fu abbastanza inspiegabile".
Sul furto, il teste riferisce che se ne accorse quando riuscì a entrare nell’abitazione il 14 dicembre 2017 dopo che si ritrovò la serratura cambiata: "Mandai a mio fratello un messaggio. Gli annunciai che avrei sporto denuncia". Parla di un ricatto: "Al telefono lui mi disse che prima avrei dovuto lasciargli la casa e poi lui mi avrebbe restituito la reliquia. Poi sia io sia Gerardina, con cui mi sposai poi nel 2018, sporgemmo denuncia. Abbiamo riavuto i beni a fine 2019, dopo che fu ordinata una perquisizione a casa di mio fratello". Parola poi a Bellassai: "Nel 2015 venivo da una storia di maltrattamenti e stalking. Le suore pensarono che una reliquia così preziosa potesse solo farmi bene e me la regalarono. Temevo che Alberto Melegari la bruciasse o la vendesse: lui l’aveva fatta stimare 110mila euro, la metà del valore della casa. Sono stata molto male: sono andata anche da uno psichiatra".
In aula anche monsignor Alberto Nicelli, allora vicario del vescovo: "Alberto Melegari venne da me perché voleva lasciarmi la reliquia. Io lo invitai a riportarla dove l’aveva trovata o al monastero. Lui fece riferimento al fratello e a Bellassai, stupito del fatto che la reliquia fosse capitata in mano a laici. Disse di aver trovato la reliquia nella cassaforte e che era della cognata. Contattai il vescovo di riferimento delle suore: mi fu riferito che loro avevano donato la reliquia a Bellassai. Alberto mi chiamò e disse di averla restituita reliquia al monastero. Ma poi fui contattata dal legale di Alberto, che disse che lui era tornato e l’aveva sottratta, motivo per cui aveva rinunciato all’incarico".
Infine è stata sentita la monaca (che ha chiesto l’anonimato) : "Alberto Melegari venne al nostro monastero il 16 gennaio 2018 con don Riccardo Camellini. Ci disse che aveva preso la reliquia e voleva restituircela. Noi abbiamo detto che non la volevamo perché era di Gerardina. Poi tornò con moglie e figlia e ci supplicò di tenerla, ma noi non accettammo. Lui lasciò però le reliquie sotto la ruota per passare gli oggetti dall’esterno. Telefonammo a Gerardina perché venisse, ma al mattino non riuscì. Alberto arrivò di nuovo. Misi la reliquia nella ruota: lui disse che voleva solo fotografarla. Fece finta di restituirla, ma restituì solo una cartellina, prese la reliquia e fuggì".