La sentenza su Marzabotto ha aperto la strada

Nel giugno scorso il giudice ha stabilito le colpe della Germania che dovrà pagare i parenti delle vittime

A fare giurisprudenza è stata la sentenza di giugno scorso secondo la quale la Germania deve risarcire i familiari delle vittime della strage di Marzabotto, nel bolognese. Quella decisione ha aperto la strada ai risarcimenti che in Italia sono decine, grazie anche all’istituzione del fondo del Mef. Oltre a quelli nel Reggiano, ci sono due casi analoghi anche in Liguria. Un operaio deportato e sopravvissuto a Mauthausen ma che per il resto dei suoi anni visse con il trauma psicologico di 12 mesi di orrore; e un contadino che venne catturato in un rastrellamento e finì fucilato assieme ai partigiani. La prima causa, davanti al tribunale di Genova, è stata avviata dagli avvocati Gian Paolo Perra e Mauro De Rossi per conto di Giovanni Repetto, 83 anni di Busalla. Suo papà Mario, era un operaio della Siac, l’acciaieria di Cornigliano, e il 16 giugno del 1944 fu uno dei 1488 operai delle fabbriche Cantiere Navale, San Giorgio, Siac e Piaggio, rastrellati. Mario Repetto finisce a Mauthausen. Fra lager e campi di lavoro ci resterà un anno. Al ritorno quell’uomo che superava il metro e 80 pesava 38 kg. È morto nel 1998. La seconda causa ha come teatro l’immediato entroterra di Albenga ed è stata depositata, in proprio e per conto di altri suoi parenti, da un avvocato di Savona, Gianluca Gandalini. Il loro prozio si chiamava Amedeo Bolia e aveva 41 anni il 20 gennaio del 1945. "Quel mattino – racconta l’avvocato Gandalini – nostro zio stava raggiungendo le campagne di Casanova Lerrone. Non aveva implicazioni con la Resistenza, era, insomma, un civile a tutti gli effetti. Le truppe naziste però stavano effettuando un rastrellamento nella zona a caccia di partigiani. Amedeo e un altro contadino vennero fermati, arrestati e fucilati assieme ad altri partigiani".