La siccità prosciuga le riserve di foraggio

Senza acqua è impossibile sostenere sia gli agricoltori sia gli allevatori, che alimentano i nostri bovini eccellenti con i cereali

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di Maya Menozzi

No acqua, no mais. No acqua, no foraggio. La lista dei danni provocati dalla siccità si allunga ora dopo ora e il settore dell’agricoltura reggiana si prepara ad affrontare una delle peggiori estati di sempre.

Reduci da una primavera senza piogge, la preoccupazione è alle stelle: "Queste temperature sono da paragonare a quelle del 2003, con il caldo torrido anticipato praticamente di un mese. Se non dovesse piovere temiamo un calo del 70% nella produzione del mais e della soia, esattamente come 19 anni fa" ha spiegato Valeria Villani, vicepresidente Cia Reggio e co-titolare dell’azienda agricola Carlini.

La storia, dunque, si ripete ma questa volta fa più paura: "Il mais viene seminato in primavera e si raccoglie a fine estate – ha continuato Villani – La mancanza di acqua influisce però su tutto ed è un’anomalia nel nostro territorio. Noi agricoltori non abbiamo grandi strumenti di contrasto alla situazione e possiamo solo subire il cambiamento climatico".

Il conflitto in Ucraina (tra i primi paesi esportatori di mais in Italia) aggrava ulteriormente la crisi per via dell’aumento dei costi del carburante: dovendo anticipare le irrigazioni, gli agricoltori sono costretti ad utilizzare prima del tempo macchinari che necessitano di grandi quantità di energia. "Negli ultimi 10 anni, inoltre, c’è stato un calo del 50% nella produzione del mais italiano perché poco redditizio – ha detto Villani – Senza garanzia di remunerazione in tanti potrebbero abbandonare il settore dei cereali. C’è bisogno di un intervento che sostenga questi costi".

La carenza del mais, in particolare, incide perlopiù sugli allevamenti che sul mercato della pasta o del pane, i quali contano principalmente sul grano. "In Emilia alleviamo soprattutto bovini da latte, quindi è fondamentale la produzione di cereali. Un allevamento come il nostro ha bisogno estremo di foraggio e acqua per mantenere i prati – ha spiegato Matteo Catellani, allevatore Coldiretti di vacche rosse – Ora non ci sono riserve d’acqua e, se consideriamo la necessità di irrigare periodicamente ad intensità molto elevata, non riusiamo a fare fronte alla situazione. Abbiamo gli affluenti del Po, l’Enza e il Secchia, ma i livelli d’acqua sono drastici".

Agli allevatori è poi richiesto di mantenere il deflusso minimo vitale, ossia di rilasciare quel quantitativo d’acqua che garantisca la salvaguardia dei torrenti e dei fiumi: "Si disperde però nella ghiaia e non arriva al Po. Sarebbe fondamentale per noi utilizzare anche quell’acqua - ha continuato Catellani - Nel mio caso non ho nemmeno un pozzo di proprietà e devo sottostare alla turnazione nel comprensorio del Parmigiano Reggiano, usando l’acqua che c’è". Parallelamente alla ricerca del foraggio, le temperature alte portano anche un calo della produzione di latte da parte delle mucche stesse: "Abbiamo studiato un sistema di approvvigionamento per razionare l’acqua ma non arriverà ovunque allo stesso modo. La gente del settore sta vivendo questa crisi sulla propria pelle".