L’amico di Saman testimone chiave: denunciò per primo le nozze forzate

Nella prossima udienza atteso anche il giovane afghano che vive in Belgio, dove la 18enne scappò nel 2020. Fu lui a raccontare alla polizia delle vessazioni dei genitori, portando all’allontanamento della ragazza

Reggio Emilia, 9 aprile 2023 – Ci sarà anche un giovane afghano che vive in Belgio, amico di Saman, a sfilare sul banco dei testimoni davanti alla Corte d’Assise il prossimo 14 aprile quando riprenderà il processo in dibattimento sull’omicidio della 18enne pakistana. Il ragazzo era già atteso nella scorsa udienza, ma era stato citato tra gli irreperibili per un errore di notifica. Ma gli atti sono giunti a destinazione e si sarebbe detto pronto a venire a Reggio. La sua potrebbe essere una versione molto importante per l’accusa al fine di dimostrare, processualmente, le vessazioni e l’induzione al matrimonio forzato della famiglia Abbas nei confronti di Saman.

Approfondisci:

Processo Saman Abbas, la verità del fratello: “Si è messo le mani sugli occhi e ha iniziato a parlare”

Processo Saman Abbas, la verità del fratello: “Si è messo le mani sugli occhi e ha iniziato a parlare”

Il giovane infatti, più grande di lei di sette anni, è stato il primo a denunciare i genitori di Saman alle autorità belghe. Si erano conosciuti in chat e nel 2020 Saman scappa da lui proprio quando scopre che la sua famiglia volevano farle sposare un cugino in patria. Raccontò tutto all’amico, il quale sporge la prima denuncia alla polizia belga, la quale a sua volta attiva l’Interpol. Quando Saman tornerà in Italia verrà poi portata in una struttura protetta, tramite l’interessamento dei servizi sociali.

La giovane Saman Abbas
La giovane Saman Abbas

Il padre Shabbar in occasione della fuga, denunciò la sua scomparsa. E dopo il presunto omicidio tra il 30 aprile e il maggio 2021, utilizzò proprio questi fatti per dare credibilità alla sua versione, a mo’ di alibi anche per essere tornato in Pakistan con la moglie Nazia. "Saman è in Belgio, non è la prima volta che scappa. Noi siamo tornati al nostro Paese perché una nostra parente è morta", disse in sintesi al telefono col Carlino. E nelle carte giudiziarie, emergono alcune intercettazioni nelle quali Shabbar invita i familiari a dire a chiunque chiedesse loro, che "Saman fosse fuggita".

Intanto venerdì pomeriggio è terminato il presidio h24 dei carabinieri davanti al casolare diroccato dove il 18 novembre scorso venne trovato il cadavere di Saman, su indicazione dello zio Danish Hasnain, in carcere e imputato. Sono infatti terminate le operazioni investigative in Strada Reatino, a poche centinaia di metri dalla casa dove viveva Saman con la famiglia. Sono stati prelevati circa due quintali di terra nell’area dove era stato occultato il corpo, stoccati all’interno di due grandi container e trasportati all’aeroporto milanese di Linate, a disposizione di Dominique Salsarola, uno degli archeologi forensi incaricati dalla Corte d’Assise di redigere una perizia tecnica.

L’11 aprile intanto Shabbar comparirà ancora davanti al giudice ad Islamabad, in Pakistan dov’è stato arrestato nel novembre scorso. Sarà discussa la fattibilità del videocollegamento con l’Italia, al quale ha acconsentito per partecipare, almeno a distanza, al processo.

dan. p.