Carta canta. L’ultimo 7 gennaio è stato il giorno con meno presenze turistiche in assoluto in città del 2024: 130 arrivi per 273 presenze complessive da fuori.
I numeri dell’ufficio statistiche della Regione certificano in maniera impietosa ciò che il Carlino ripete da anni: la festa del Tricolore non è attrattiva. Ed è un vero peccato perché le potenzialità, come ribadiamo da tempo, ci sono eccome. La bandiera è un simbolo nazionale e dovrebbe fare da volano turistico quasi 365 giorni all’anno. Un museo, per quanto bello e curato, pressoché nascosto dietro al municipio non può bastare per fregiarsi come si deve del titolo di città del tricolore. Di bandiere sventolanti in centro se ne vedono poche, se non quando trionfa la nazionale di calcio. Da sempre purtroppo è una festa poco ‘pop’ (tranne nel 2011 per il 150° dell’Unità d’Italia, l’ultimo 7 Gennaio fatto come si deve alla presenza dell’allora presidente Giorgio Napolitano), rivolta quasi esclusivamente alle istituzioni, in un teatro Valli riempito per metà dai vertici della città e l’altra ad invito. E i cittadini? Relegati dietro alle transenne per alzabandiera e parata militare, poi nel pomeriggio tutti a casa quasi come a dimenticarsene (le iniziative collaterali sono apprezzabili, ma non bastano). Tutto ciò è anche figlio di un retaggio storico – discorso fastidioso per l’establishment – che vede considerati i valori del vessillo nazionale quasi come un’antitesi alla Resistenza e alla cultura di sinistra. Quando invece dovrebbe essere una festa di tutti gli italiani, un evento nazionale (perché non considerarla tale anche sul calendario e allungare il periodo festivo al giorno dopo l’Epifania) e come tale dovrebbe richiedere ogni anno la presenza – di rigore – di premier e presidente della Repubblica.
Quest’anno si prospetta un’altra occasione persa (speriamo di essere smentiti). La nuova giunta di Massari non ha saputo rivoluzionare la cerimonia anche se ne ha parlato in termini entusiastici. La copertura radiofonica di RaiRadio 2 è troppo poco rispetto al valore della festa. Perché non la diretta tv? Certo, se ci fosse stato un ospite istituzionale di primo rilievo, questa sarebbe stata una naturale conseguenza. Invece ci sarà ‘solo’ Michele de Pascale, presidente della Regione al quale tutti gli anni spetta di diritto il discorso istituzionale sul palco del Valli.
La declinazione sportiva invece è convincente. Meno la scelta degli atleti. Per carità, a Stefano Baldini va fatto un monumento per averci fatto godere nel 2004 ad Atene col suo oro nella maratona. Vent’anni fa, però. E Yassin Bouih ha già ritirato pochi mesi fa il primo tricolore. Perché non alzare l’asticella? Perché non invitare la squadra olimpica di volley femminile o il coach Julio Velasco. Perché non Jannik Sinner o Jasmine Paolini? Perché non Marcel Jacobs o Filippo Tortu? Dalle ultime Olimpiadi c’era solo l’imbarazzo della scelta. E perché non coniugare l’evento con una grande festa a cielo aperto o sotto un tendone in piazza con gnocco fritto tricolore e lambrusco granata? Basterebbe poco... E non si dica che mancano le risorse, perché è questione di volontà. Per i Giochi del Tricolore – kermesse sì dal grande valore, ma la bandiera è la bandiera – si è investito tanto negli anni.
Riprendendo in mano poi le statistiche sulle presenze turistiche, va da sé che le impennate si siano registrate in concomitanza dei grandi concerti alla Rcf Arena: 1.569 presenze in città il 25 maggio per gli Ac/Dc, 1.862 per il party di Elrow Town l’8 giugno e 1.900 per i Rammstein il 21 luglio. Ecco perché due sole date finora previste per il 2025 sono troppo poche...