"Lasciato in un angolo a urlare di dolore"

Arriva di notte con una colica renale, una terapia antidolorifica controversa, ore di attesa per la visita finché rinuncia e torna a casa

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Troppi pazienti rispetto al numero di medici specialisti in servizio: così rivolgersi al Pronto soccorso rischia di trasformarsi in un calvario. E’ l’esperienza che racconta Paolo Bernardi, 58 anni, residente a Reggio. Da 27 anni soffre di nefrocalcinasi bilaterale, con una serie infinita di coliche renali (nel 1997 dovette affrontare ben 14 ricoveri e tre interventi con la ricostruzione del rene sinistro).

Giovedì a mezzanotte l’ennesima, fortissima colica lo costringe a recarsi al pronto soccorso del Santa Maria Nuova: "Ero piegato in due dal dolore, gridavo, ma ho dovuto aspettare 40 minuti per avere una flebo di paracetamolo che non serve a nulla e poi insistere altri 50 minuti perché mi facessero quella di ketoprofene, come è prassi che qualunque medico conosce per calmare una colica renale. Poi ho atteso per ore di essere visitato, finché ho rinunciato e sono tornato a casa".

Ora Bernardi ha chiesto all’Ausl il rimborso dell’ecografia fatta il giorno dopo in un laboratorio privato. "Ma voglio andare avanti - dice - agire per vie legali. Però da solo sarebbe la mia parola contro la loro. Per questo voglio fare una class action e chiedo a tutti coloro che hanno vissuto esperienze negative al pronto soccorso di contattarmi". Chi vuole può scrivere una mail al resto del carlino (cronaca.reggioemilia@ilcarlino.net), la gireremo a Bernardi.

L’Ausl replica che è stato corretto somministrare il paracetamolo ("come previsto dal protocollo di gestione del dolore", dopo quel trattamento si è passati "da codice 10 a codice 8") e che il caso è stato gestito in modo adeguato. Ma conferma le difficoltà del servizio: "Dispiace che l’attesa per la visita medica sia stata prolungata, ma non è dipesa dalla disorganizzazione del servizio, bensì dalla sproporzione tra numero di cittadini al pronto soccorso e numero di medici specialisti in servizio. I Pronto Soccorso sono in grave sofferenza". Però "se il paziente avesse atteso, sarebbe stato sottoposto a visita medica e ulteriori accertamenti utili e necessari per completare la diagnosi".

Il racconto di Bernardi sottolinea il punto di vista di un cittadino che, al di là della spiegazioni dell’Ausl, paga sulla propria pelle carenze di organico che ovviamente danneggiano anche gli operatori della sanità, costretti ad affrontare carichi di lavoro e stress eccessivi. Il 58enne ha dovuto affrontare una dolorosissima colica renale, un tipo di situazione nel quale è difficile chiedere di sopportare i problemi di organico della sanità. "Mi hanno chiesto nome, data di nascita e mi hanno lasciato su una barella in un angolo per 40 minuti. Mi sembrava di morire, ero in codice verde di dolore 10. Non si sono preoccupati di chiedermi nulla, hanno solo detto: ’Ora arriviamo’. Non ce la facevo più, urlavo per il dolore".

Replica l’Ausl: "Non è stato abbandonato quasi due ore senza terapia, al contrario è stato valutato ben 4 volte da personale infermieristico altamente qualificato, che ha correttamente somministrato la terapia prevista".

Dopo la flebo al ketoprofene, è iniziata l’attesa della visita. Erano le 3.30 di notte. "Alle 6.30 - scrive l’Ausl - decideva contro il parere dei sanitari di allontanarsi prima della visita medica". Bernardi dice che erano ormai le 7 del mattino: "Non vedendo ancora nessuno mi sono alzato e ho firmato per andare a casa. Ho fatto privatamente l’ecografia e ho scritto all’Ausl che voglio il rimborso dei 92 euro che ho speso". L’Ausl ha già risposto: "E’ evidente che sulla base dei nostri dati non potremo rimborsare il costo delle spese mediche sostenute in un centro privato".

Paolo Patria