Le urla di Silipo all’asta "Quest’auto non si vende"

Secondo l’accusa Antonio, condannato a 14 anni in Aemilia, diede ordine ai fratelli di spaventare chi voleva comprare la sua Mercedes confiscata

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di Alessandra Codeluppi

Un altro colpo che la cosca ha cercato di infliggere al cuore dello Stato: un blitz intimidatorio, nei confronti di un’amministratrice giudiziaria e commercialista, per impedire la vendita all’asta dei beni sottoposti a confisca. È l’episodio, peraltro recentissimo - si è consumato il 17 marzo scorso - che emerge tra le nuove contestazioni mosse nell’ambito dell’indagine ‘Perseverance’, condotta dalla Dda di Bologna.

Il raid ha avuto effetto: un potenziale compratore ha rinunciato a fare offerte e anche un funzionario dell’Istituto vendite giudiziarie si è rifiutato di assistere l’amministratrice nella consegna dei beni: "Temeva ripercussioni da parte dei parenti di Antonio Silipo". Quest’ultimo, individuato dagli inquirenti come "mandante", classe ’69, cutrese residente a Cadelbosco, è detenuto all’Aquila a seguito della condanna definitiva a 14 anni per associazione mafiosa, nel rito abbreviato di ‘Aemilia’.

Silipo aveva ricevuto due provvedimenti di confisca dei beni: uno del gup di Bologna in ‘Aemilia’, diventato definitivo nell’ottobre 2018; l’altro del tribunale di Reggio, poi divenuto tombale nel luglio di quest’anno. L’Ivg di Reggio pubblicò l’11 febbraio di quest’anno l’elenco dei beni confiscati, tra cui una Mercedes Ml (nella foto, un modello) e una moto Yamaha R1. Ma Antonio Silipo, dal carcere, cerca di evitare il passaggio dei beni: intercettato il 20 febbraio mentre parla con la madre e il fratello Salvatore, 44enne pure lui residente a Cadelbosco che ha patteggiato in ‘Aemilia’, si mostra contrariato. Ai parenti che gli dicono che moto e auto andranno all’asta, lui sbotta: "Quando hai venduto la macchina, hai venduto a me! Quella macchina tiene la faccia mia!". Piuttosto Silipo li invita a modificarla: "Togliete i cerchi, togliete tutto, mettetela su quattro mattoni! La macchina non si può toccare". E la madre, incaricata dal figlio Giuseppe, in quel momento assente, chiede ad Antonio: "Se la macchina va all’asta, come dobbiamo comportarci?".

La vendita è fissata il 17 marzo, a Cadelbosco: mentre l’amministratrice giudiziaria e il funzionario dell’Igv accolgono una ventina di potenziali acquirenti dentro la sede delle società confiscate, fa irruzione Giuseppe Silipo, 46 anni, fratello di Antonio. All’amministratrice urla che i beni non possono essere venduti, "perché frutto di 50 anni di sudore".

Seppur invitato a calmarsi, il 46enne Silipo non desiste. E a un gruppo di interessati avrebbe intimato di non permettersi di fare offerte: un cittadino, particolarmente interessato alla Mercedes, ha poi palesato il timore che l’auto fosse danneggiata prima della consegna. Persino nell’asta successiva del 19 marzo, in via telematica, sia l’auto sia la moto sono rimaste invendute, mentre il funzionario dell’Ivg non ha voluto lavorare alla consegna dei beni. Il 24 aprile Giuseppe Silipo è andato in carcere dal fratello Antonio per aggiornarlo. Sei giorni dopo, in occasione dell’incontro organizzato dall’amministratrice per la consegna dei beni acquistati in via telematica, Giuseppe si è ripresentato, contestando la cessione di un frantoio e della Mercedes, per poi essere bloccato dai carabinieri. Solo in luglio auto e moto sono stati aggiudicati a due società. Antonio, Giuseppe e Salvatore Silipo risultano indagati per turbativa d’asta, con l’aggravante mafiosa: "Hanno evocato l’azione ritorsiva di gruppo di ‘ndrangheta più amplio".