
Il professor Melloni: "Un ateneo può dare senso critico e ambizioni civili. Non si tratta solo di un contenitore di vanterie provincialissime. Tessuto produttivo e società non fanno e dicono alcunché sulla partita".
Non è l’unico caso nel quale Reggio sembra città distratta. Ma certo l’imminente elezione del rettore/rettrice dell’Università fa parte di quei casi. Non si tratta di una distrazione senza conseguenze. Perché una parte non piccola del destino della città e della sua tenuta dipende da chi sarà eletto e da cosa farà.
Il nome lo decideranno il 4 giugno docenti, studenti e dipendenti dell’ateneo, fra quattro candidati (di cui leggeremo le interviste fatte a Modena). E dunque realisticamente ci sarà un rettore che a differenza di Carlo Porro, rischia di passare al voto o al ballottaggio per pochi consensi. Il che peserà sull’eletto/a e molto su Reggio.
Perché un rettore o una rettrice che ripartirà l’impegno e il denaro di Unimore in base ai puri pesi elettorali aumenterà la velocità con cui Reggio scivola verso la condizione di succursale e Modena verso quella di piccolo ateneo di provincia. Oggi Unimore ha 11 dipartimenti a Modena e 3 Reggio (con nessuna Scuola e nessun ufficio direzionale di vertice).
Chi invece vorrà ridare alla logica della rete di sedi la fisionomia con cui fu disegnata dovrà fare scelte strategiche e prendersi i rischi del caso in un territorio in calo demografico e impoverito dal fatto che senza una politica scolastica vera, una percentuale più alta di giovani rimarrà estranea alla istruzione universitaria per colpa di un contesto famigliare demunito.
Su questo punto le differenze fra i due candidati più quotati – Rita Cucchiara, ordinario di ingegneria informatica e Tommaso Fabbri, ordinario di organizzazione aziendale – sono visibili. Così come è chiaro che gli altri due candidati – Alessandro Capra, ordinario di cartografia e Giovanna Galli – devono sperare di raccogliere dove sono quei voti che consentiranno loro o un insperato ballottaggio o un peso secondo turno (ammesso e non concesso che chi li vota li segua anche dopo una batosta, che nel caso di Giovanna Galli punirebbe la sede che lei pensa di rappresentare).
In questa scelta la politica, il tessuto produttivo, la società reggiana contano non per ciò che dicono (niente) o per ciò che fanno (niente), ma per ciò che pensano. Se immaginano l’ateneo come un partner immobiliare, un contenitore di vanterie provincialissime – allora il secolare cinismo accademico premierà chi promette meglio. Se capiranno che i due prodotti che un ateneo può dare – senso critico e ambizioni civili – si fanno solo lì parteciperanno a un processo doloroso, ma necessario di ripresa e resilienza, fatto non coi soldi, ma con le persone. Sapremo fra pochi giorni se ci hanno mai pensato.
(*) accademico