Reggio Emilia, 12 dicembre 2023 – È stata disposta una misura cautelare più leggera, cioè l’obbligo di firma quotidiano al posto dei domiciliari. Ma anche la sospensione, per un anno, dal lavoro nel patronato. È quanto ha deciso il giudice per le indagini preliminari Dario De Luca sul 26enne italiano, di origine ghanese, finito in manette per l’ipotesi di induzione indebita a dare o promettere utilità. Secondo la ricostruzione investigativa, il giovane avrebbe lucrato sui cittadini in fuga dalla guerra, intascando denaro per mandare avanti pratiche che in realtà sarebbero dovute essere gratuite. I fatti contestati risalgono alla fine del febbraio 2022, poco dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino, quando vi fu un boom di richieste di ricongiungimento familiare, come protezione temporanea, dai cittadini ucraini già presenti in Italia per motivi di lavoro.
Il 26enne, residente in città, avrebbe chiesto circa cento euro ciascuno a sei ucraini: sono quasi tutte badanti degli anziani che chiedevano protezione per i propri familiari e che si erano rivolte al piccolo patronato con sede nella zona della stazione (non ha legami con Cgil, Cisl e Uil) e riconosciuto dal ministero del Lavoro. A loro sarebbe stato garantito l’arrivo celere dei documenti in questura, dove però l’iter sarebbe stato comunque rapido. L’inchiesta, condotta dalla squadra mobile e dall’ufficio immigrazione della questura, è stata coordinata dal pubblico ministero Valentina Salvi.
Dopo l’udienza di convalida dell’arresto, l’avvocato difensore Alessandro Occhinegro ha presentato un’istanza – a cui il pm aveva dato parere negativo – chiedendo la remissione in libertà e in subordine l’obbligo di firma.
L’indagato, che lavorava come impiegato al front office, aveva sostenuto di aver fatto solo ciò che gli veniva detto di fare, in pratica di essere un mero esecutore di ordini, privo di conoscenza della normativa sull’immigrazione. E ha negato di aver mai intascato denaro, precisando che tutto ciò che veniva raccolto era poi inserito in un registro del patronato. Ha anche spiegato che gli ucraini entravano in ufficio chiedendo come avere l’asilo, che lui doveva domandare i documenti e una quota da inserire nella cassa del patronato e da annotare nell’apposito registro per le tessere. Ha anche spiegato che quella transazione non veniva fatturata perché non era suo compito.