ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

"Mafia nigeriana? Non so cos’è"

Interrogatori di garanzia per i coinvolti in ’Hello Bross’. Andrew Isikhuemhen parla, Imarhiagbe smentisce tutto

di Alessandra Codeluppi

Hanno preso il via gli interrogatori di garanzia per gli uomini ritenuti al servizio della mafia nigeriana con vari ruoli.

Risultano cinquantacinque in tutto gli uomini per i quali si ipotizza l’associazione di stampo mafioso, di cui ben quattordici risultano residenti tra Reggio e provincia.

Anche la squadra mobile della questura è stata coinvolta nell’operazione ‘Hello bross’, incentrata sui presunti illeciti commessi dal gruppo ‘Black Axe’, tra cui traffico di droga, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffa e riciclaggio, assieme ai colleghi di altre questure sparse un po’ in tutta Italia, dal nord al sud.

L’attività illegale, infatti, si sarebbe estesa dall’Abruzzo a varie città tra cui la nostra, dove risiedevano anche due giovani a cui gli inquirenti contestano di essere tra i capi del sodalizio.

Il 34enne Andrew Isikhuemhen, domiciliato tra Reggio e Cavriago, sottoposto a custodia cautelare in carcere a Modena, è individuato come "promotore, direttore e organizzatore". Sarebbe stato il cosiddetto "link man", cioè il padrino di chi veniva iniziato all’affiliazione; avrebbe presieduto "riunioni e summit", composto "dissidi" con altri cult, pianificato "sanzioni per i trasgressori", garantito "la raccolta fondi tra gli affiliati per mantenere quelli detenuti e sostenere l’organizzazione", oltre a dedicarsi a truffe informatiche e traffico di stupefacenti.

Il giovane, difeso dall’avvocato Costantino Diana (studio Cataliotti), in videoconferenza con il giudice del tribunale dell’Aquila, ha risposto alle domande e negato gli addebiti: "Non conosco l’organizzazione mafiosa e non ne faccio parte. Sono spesso all’estero, quasi sempre in Spagna", la giustificazione addotta dall’uomo alle domande.

Interrogatorio di garanzia anche per Osayawe Imarhiagbe, 33 anni, domiciliato in città, pure lui ritenuto un capo del clan mafioso: tra le altre cose, per Imarhiagbe si ipotizza che abbia "gestito le finanze del cult secondo le indicazioni del National head (il capo nazionale, ndr) cui riferiva direttamente" e che abbia perpetrato a sua volta truffe informatiche e traffico di stupefacenti.

Assistito dall’avvocato Gisella Mesoraca, l’uomo ha smentito le accuse.