Mamma pedofila, abusi sull’altro figlio

La donna confessa: "Facevo le foto anche a lui". E poi si giustifica dicendo che era in difficoltà economica

Violenza sui bambini

Violenza sui bambini

Reggio Emilia, 21 febbraio 2020 - "Sono responsabile dei fatti che mi vengono contestati, ho fatto foto a mia figlia mentre la toccavo e la violavo nelle parti intime con oggetti. Le stesse foto le ho fatte anche a mio figlio". I sospetti, sono purtroppo diventati realtà. La mamma reggiana di 37 anni che aveva abusato della piccola di soli tre anni, per vendere le foto a un uomo di Grosseto in cambio di soldi, avrebbe commesso le stesse orribili violenze anche all’altro figlio. È questo quanto emerge dalle dichiarazioni spontanee fatte dalla donna (di cui non scriveremo il nome per proteggere l’identità dei piccoli), nell’inchiesta partita da Firenze sulle mamme pedofile.

Davanti al giudice poi, nell’interrogatorio di garanzia dopo l’arresto, ha invece preferito tacere, su consiglio dell’avvocato, ovvero Rosa Todisco del foro di Firenze. Ma le dichiarazioni spontanee sarebbero state fatte alla Polposta, che aveva bussato alla porta di casa sua venerdì 7 febbraio per procedere con l’arresto.

In manette insieme a lei erano finiti anche l’istigatore di Grosseto, 40 anni, e la moglie, con cui secondo il giudice Agnese Di Girolamo, "emerge dall e loro chat come assolutamente verosimile" che la gravidanza sia stata voluta "con il preciso intento di realizzare le fantasie sessuali condivise". Anche la loro piccola infatti era finita al centro di questa terribile storia di abusi. "Ho fatto questo per tanti anni ed ho inviato le foto su compenso economico - ha proseguito la mamma di Reggio nelle dichiarazioni spontanee -. Mi trovavo in un grave disagio economico e non sapevo cosa fare, avevo paura che gli assistenti sociali mi portassero via i bambini".

Da un lato una madre mossa dal bisogno, dall’altro un mondo di orchi sotterranei pronti a pagare per vedere in video rapporti incestuosi e accoppiamenti fra bambini. Grazie all’acquisizione dello smartphone, con cui la donna "produceva" piccoli filmati in cui lei era la protagonista assieme ai suoi figli (che attualmente hanno più di dieci anni), gli inquirenti hanno ricostruito una rete che fa paura.

Nel sottobosco malato, lei, ’vera’ mamma deviata, era una rarità. Una sorta di perla pregiata, pescata nel mare torbo della pedopornografia. Pagamenti in cambio di foto e filmati, di lei con sua figlia, di lei con suo figlio, di lei con entrambi. I suoi figli, per cui temeva, sono affidati a un istituto. Rischia di non poter più essere chiamata mamma, almeno per la giustizia.