Da Zelig all’alcolismo, l’inferno di Maria Rossi

La cabarettista reggiana racconta il suo dramma. "Il film? È una terapia"

Maria Rossi

Maria Rossi

POVIGLIO (Reggio Emilia), 30 aprile 2018 - Dai palcoscenici  della tv al dramma dell’alcolismo, fino alle cure psichiatriche. Dopo Made in Italy di Luciano Ligabue e il futuro Volevo nascondermi dedicato a un altro Ligabue (l’artista Antonio, deceduto nel 1965), un altro film di livello nazionale è ambientato nel Reggiano. Si tratta di Stato di ebbrezza, girato tra Poviglio e Reggio, dal 24 maggio nelle sale cinematografiche italiane. Ma con due anteprime proprio a Reggio, al cinema Rosebud, alla presenza della vera protagonista della storia, Maria Rossi, cabarettista povigliese, nel film interpretata da Francesca Inaudi. Si narra dell’artista reggiana che, dai successi ottenuti in breve tempo sul palco del Maurizio Costanzo Show e di Zelig, si ritrova alle prese con l’alcolismo, un ricovero in una struttura psichiatrica e senza lavoro. Ma riuscirà a risollevarsi…

Maria, questo film racconta la parabola della sua vita.

«Racconta il mio dramma: dal rapido successo nello spettacolo e in tv, al tunnel dell’alcol e della solitudine, fino al ricovero in una struttura psichiatrica».

Ma come è potuto accadere?

«Mi ero illusa che tutto fosse sempre facile. Poi la vita a Milano, una disgrazia familiare, i troppi brindisi con amici e colleghi, hanno trasformato un’astemia cui nauseava il vino e la birra, in una ragazza che era spesso… alticcia».

Che cosa ricorda di quel periodo?

«Non ce la facevo a smettere di bere. La promessa era sempre per il giorno dopo, ma arrivavo al bar dove c’era sempre un ‘amico’ che mi attirava al bicchiere. Ero diventata grassa e inguardabile. Poi finalmente ho incontrato una dottoressa che mi ha spinto a disintossicarmi».

Solitamente i film raccontano storie di persone ormai scomparse. Nel suo caso, invece, il protagonista è ancora in vita…

«Già. Mi sento un po’ in imbarazzo. Anche Francesca (Inaudi, ndr) mi ha fatto pesare questa situazione. Durante le riprese mi diceva che se fossi stata morta per lei sarebbe stato più facile interpretare il mio ruolo, perché nessuno avrebbe potuto contestarla… »

Ma è in buona compagnia. Nei giorni scorsi è uscito il film di Paolo Sorrentino su Silvio Berlusconi...

«Be’... Non è proprio la stessa cosa. Io non sono ancora così… imbalsamata».

Come sta trascorrendo la vigilia dell’uscita del film?

«Sono molto emozionata. Ho visto solo alcuni brevissimi spezzoni del film. Sono curiosissima di vederlo per intero, nell’anteprima del 22 e 23 maggio a Reggio».

Durante le riprese si è commossa?

«Sì. E spero di non piangere durante la proiezione, altrimenti mi farò accompagnare fuori».

Ma perché si è emozionata durante le riprese?

«In verità sono stata sempre tenuta lontano dal set. E subito non ne capivo il motivo. Poi me lo ha spiegato Francesca Inaudi, dicendo che lo facevano per tutelarmi, per non farmi rivivere dei momenti per me drammatici».

Ed era proprio così?

«Sì. L’ho capito quando ho assistito alle riprese della scena in cui mio fratello mi viene a prendere in un bar di Reggio, dove mi stavo ubriacando. La produzione ha scelto una piazza a caso, un luogo a caso. E quel luogo era piazza Fontanesi, con lo stesso bar e la stessa panchina in cui anni fa era capitata quella situazione. Mi è tornata alla mente quella giornata. E non ho trattenuto le lacrime».

Come ha visto Francesca Inaudi nei suoi panni?

«È stata fenomenale. Non ha solo studiato il copione. È entrata totalmente nella parte. È come se io fossi entrata in lei. Credo che abbia sofferto nel recitare le mie disavventure. Qualche volta mi sono chiesta: ma perché soffre così tanto? Cosa gliene importa? Alla fine le disavventure erano le mie, mica le sue».

Ma in un’epoca in cui si parla tanto di privacy, perché ha voluto rendere pubblica una fase terribile della sua vita?

«Perché il palcoscenico deve essere anche un lettino da psicanalista. Perché non si devono raccontare delle storie? Poi, per una ‘cabarettara’ come me, il racconto dovrebbe essere sempre divertente. Guai se manca la risata. Sarebbe terribile, andrei nel panico. Ma come si può far ridere raccontando le disavventure che ho vissuto io?».

In ‘Hai da spegnere’ (il libro sulla sua vita poi trasformato in spettacolo) da cui è partita l’idea del film, ce l’ha fatta…

«Sì. Grazie alla regia di Giancarlo Bozzo e Marina Senesi. Anche se avrei voluto raccontare gli episodi più belli della mia vita, non quelli con maggiori difficoltà».

Del film cosa può dire?

«Che è prodotto da Claudio Bucci, con la regia di Luca Biglione, con Francesca Inaudi che interpreta me, Andrea Roncato mio padre Luigi, Fabio Troiano mio fratello Renato».

E in attesa del film cosa sta facendo?

«Sto preparando uno spettacolo che presenterò a maggio, al Novecento di Cavriago (in provincia di Reggio, ndr). La data è da fissare. Sicuramente parlerò del nuovo film. Ma, ovviamente, lo farò a modo mio. Da ‘cabarettara’».