Martina Bonaretti morta a 21 anni di Covid, il padre: "Vorrei essere con te"

Il papà della 21enne uccisa dal virus: "Non voleva andare in ospedale, aveva paura di non tornare a casa"

Martina Bonaretti in una foto con la famiglia

Martina Bonaretti in una foto con la famiglia

Reggio Emilia, 22 novembre 2020 - "Martina era una ragazza solare, con un cuore grande, vicina a coloro che gli altri tendevano a isolare". A parlare è il papà, Lucio Bonaretti, l’imprenditore di Luzzara che con la sua famiglia sta vivendo il lutto per la perdita della figlia maggiore, Martina, stroncata da complicazioni legate al Covid-19 a soli 21 anni. Martina è la vittima più giovane del coronavirus in Emilia-Romagna, tra le più giovani in Italia.

Martina Bonaretti, funerali su YouTube per la ragazza di 21 anni morta di covid Signor Bonaretti, la scomparsa di Martina ha colpito un’intera comunità, che va oltre il paese di Luzzara… "E’ vero. Abbiamo avuto un’enorme testimonianza d’affetto da parte di tutti. Non possiamo fare altro che ringraziare coloro che ci sono stati vicini, anche se in modo virtuale, in questi giorni. Con mia moglie Silvia , mia figlia Aurora e l’intera famiglia siamo riconoscenti a tutti". Come è avvenuto il decorso clinico di Martina? "E’ cominciato con la febbre, arrivata una settimana fa anche a 40 gradi. Calava con la Tachipirina, poi risaliva. Eravamo in costante contatto con il medico. Mercoledì sono venuti a casa per effettuare il tampone all’altra mia figlia, quella più giovane, in isolamento dopo la positività di un suo compagno di classe. Hanno visitato anche Martina: polmoni e saturazione erano nella normalità. Il giorno dopo c’è stata un’altra visita medica. Non sembravano esserci problemi. Poi, sedendosi a tavola con noi, ha manifestato scarso appetito e affaticamento. Si è messa a letto. Nella notte tremava, era agitata, aveva un respiro non più così regolare. Le ho chiesto: spiegami cos’hai. Lei cercava di minimizzare. Credo che avesse il terrore di finire in ospedale".

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C’era un motivo particolare per questo timore? "Quando era bambina, a nemmeno 6 anni, aveva visto il nonno Adolfo salire in ambulanza per andare in ospedale. Pochi giorni dopo era deceduto, senza più che lei potesse riabbracciare. Quel momento le era rimasto nella mente. Temeva che potesse accadere la stessa cosa a noi". Poi cos’è accaduto? "La guardia medica ha riscontrato un problema nella parte inferiore sinistra dei polmoni. Ci ha consigliato il trasferimento in ospedale per somministrare ossigeno. Le abbiamo dato telefonino e caricatore elettrico. Pensavamo che dopo la terapia con l’ossigeno l’avrebbero rimandata a casa. Invece, con la saturazione a 60, l’hanno ricoverata. Poco dopo lei ci ha mandato una sua foto con accanto la bombola d’ossigeno". Da quel momento è iniziato il peggioramento… "Già. Ci ha detto che la portavano in terapia intensiva e che non doveva affaticarsi a parlare. Poi non abbiamo più avuto contatti diretti con lei". Come è stato vivere a distanza questo lutto, perfino il funerale… "Esperienza terribile. Siamo sempre stati una famiglia unita. Dove andava uno, andavano gli altri. Sempre insieme, in ogni occasione. Saperla in ospedale da sola, ci è sembrato come abbandonarla. Ma l’emergenza non ci ha dato alternative". Martina era molto attenta alla prevenzione contro il virus? "Aveva studiato da operatrice socio sanitaria. Aveva svolto stage in ospedale e alla casa di riposo. Conosceva i rischi del contagio. Usava sempre la mascherina. E invitava tutti noi a fare lo stesso". Da dove è partito il contagio? "Certamente dall’ambiente familiare. Forse dalla sorella Aurora, risultata positiva al tampone eseguito dopo un caso nella sua classe a scuola. Oppure dal fidanzato Davide. Fonti asintomatiche che hanno coinvolto tutta la mia famiglia". E ora? "Ci auguriamo di essere negativi al virus al più presto. Il 24 novembre porteranno Martina al tempio crematorio. Spero di poterla accompagnare di persona. Almeno in quel suo ultimo viaggio".