Reggio Emilia, 7 maggio 2020 - Le mascherine prodotte in Italia e risultate prive delle caratteristiche di sicurezza sono state rinvenute all’interno di un’azienda reggiana che opera settore dei servizi, con attività comunque consentita, che a fine marzo, in piena emergenza Covid-19, aveva deciso di integrare il lavoro nel comparto manifatturiero per la realizzazione di indumenti da lavoro, comunicando alla Camera di Commercio lo svolgimento della nuova attività con relativo codice Ateco.
Ma i finanzieri hanno scoperto che l’impresa aveva già avviato il 21 aprile la commercializzazione all’ingrosso dei prodotti, con la cessione di oltre 17 mila mascherine a imprese clienti con sede, non solo in Emilia-Romagna e, in particolare, nelle province di Bologna e Ferrara, ma anche in Piemonte, nella zona di Cuneo.
I finanzieri hanno rinvenuto in magazzino trentamila mascherine, per un valore di circa 32 mila euro, pronte per essere immesse fraudolentemente sul mercato, anche attraverso la vendita online, non come “mascherine generiche” ma come dispositivi di protezione individuale, che invece non erano affatto. Il titolare è finito nei guai per aver etichettato le mascherine facciali come dispositivi di protezione individuale, pur se non facevano parte di questa categoria.