Maxi-appalto per le mascherine Sei indagati, due vengono dall’Ausl

Corruzione, frode, truffa e fatture false: a marzo 2020 l’affare da 5,6 milioni con bando in forma diretta

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di Daniele Petrone

‘Smascherati’. Sei persone sono indagate, a piede libero, per un maxi appalto per la fornitura di cinque milioni di mascherine per un totale di 5,6 milioni di euro, con un bando affidato in forma diretta dall’Ausl di Reggio alla Commodity Guideline Partner, ditta individuale di Trento. Corruzione, truffa aggravata, frode nelle pubbliche forniture, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, le accuse ipotizzate a vario titolo dalla Procura reggiana che coordina l’inchiesta denominata ‘The Mask’, condotta dalla guardia di finanza.

A finire nel registro delle notizie di reato dei sostituti procuratori Iacopo Berardi e Marco Marano titolari del fascicolo, Pietro Ragni (ex risk manager dell’Ausl, ora in pensione nonché vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Reggio), Giovanni Morini (ingegnere, attuale responsabile in carica del servizio prevenzione e protezione della stessa azienda sanitaria), l’imprenditore trentino Paolo Paris e l’imprenditore Lorenzo Scarfone residente nel reggiano e due imprenditori stranieri (un francese e uno spagnolo) attivi nel settore del commercio di dispositivi medici.

Le indagini sono scattate nel marzo 2020 quando il gruppo e il nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme Gialle di Reggio hanno messo sotto la lente d’ingrandimento quattro bandi di gara di estrema urgenza – durante il periodo di lockdown dettato dall’emergenza sanitaria da Covid – mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione e affidati tutti direttamente alla ditta di Paris. Il più cospicuo da 2,7 milioni di euro per 4 milioni di prezzi di mascherine chirurgiche (al prezzo di 68 cent l’una). Il secondo da 1,2 milioni per 400mila dispositivi Ffp2 (2,95 euro ciascuna) e gli ultimi due da 590mila euro l’uno per altre 400mila mascherine sempre della stessa tipologia.

Dopo un anno di indagini, è scattato il sequestro di 2,2 milioni di mascherine della partita d’appalto, con un blitz dei finanzieri nei magazzini dell’Ausl. Dispositivi che poi, da una perizia, sono risultati essere non conformi alle normative per l’uso medico. A carico dei due uomini d’affari italiani e dell’ex dirigente Ragni pendono le accuse più pesanti. Oltre alla truffa aggravata e alla frode delle pubbliche forniture (solo per i primi due, in concorso con Morini – per i quali era stato chiesto anche l’arresto, non accolto però dal gip – e con i due impresari forestieri ai quali sono contestate le operazioni inesistenti) c’è anche la presunta corruzione.

Secondo gli inquirenti la ‘merce di scambio’ che farebbe configurare il reato, è una bici elettrica (sequestrata) regalata da Scarfone a Ragni. Ma ci sarebbero stati anche promesse per accordi futuri in funzione di altre attività fra loro e Paris. Quest’ultimo è un imprenditore noto per la sua attività nel settore dei formaggi, ma che durante la pandemia avrebbe fiutato l’affare sulle mascherine ottenendo commesse specifiche non solo a Reggio. Scarfone, conosciuto anche per il suo impegno politico (tra i coordinatori provinciali di Italia Madre, il partito di Irene Pivetti, con una sede inaugurata in città nel 2019), amico d’infanzia di Ragni, avrebbe rivestito il ruolo di intermediario.

Oltre alla bici, la Gdf ha messo i sigilli anche ad una villa del trentino. Infine attraverso l’analisi dei flussi finanziari e della documentazione contabile delle società coinvolte, sono emerse emissioni ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per 600mila euro, volte ad abbattere anche le imposte e ulteriori 320.973 euro di fatture false.