
Federico Pellini. All’epoca dei fatti aveva soltanto 20 anni
Sono stati prosciolti, e quindi non dovranno affrontare il processo con rito ordinario, i tre imputati accusati di omicidio colposo per la tragica morte di Federico Pellini, residente a Monzone (frazione di Toano), venuto a mancare a soli 20 anni, il 12 dicembre 2021, dopo una fuoriuscita di strada in auto a pochi chilometri da dove abitava. In via San Michele Arcangelo, strada vicinale a uso pubblico, tra neve e gelo, alle 4 il giovane urtò un manufatto che copriva un pozzo, scese dalla macchina per controllare i danni e precipitò all’improvviso dentro la cisterna con quattro metri d’acqua: il ragazzo non riuscì a trovare appigli e morì annegato. Ieri il giudice dell’udienza preliminare Luca Ramponi, ritenendo che non vi fossero elementi sufficienti per arrivare a una ragionevole previsione di condanna, ha emesso sentenza di non luogo a procedere per la coppia proprietaria del terreno dove si trovava il pozzo, un 69enne e un 62enne di Castellarano ("Il fatto non sussiste") e la responsabile comunale della manutenzione stradale del municipio di Toano ("Il fatto non costituisce reato"). Inizialmente la Procura aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo, ma i genitori del ragazzo si opposero. Il giudice delle indagini preliminari Andrea Rat accolse la richiesta e ordinò al pm di fare nuovi accertamenti: da qui scaturirono le imputazioni. Niente processo di primo grado, salvo impugnazioni della Procura.
Il padre Enrico Pellini e la madre Monica, che il 20enne lasciò insieme a un fratello e a due sorelle, si sono costituiti parte civile affidandosi agli avvocati Domenico Noris Bucchi e Simone Bazzoli. Nella scorsa udienza il pubblico ministero Piera Cristina Giannusa aveva chiesto il rinvio a giudizio per tutti e tre. Il Comune di Toano figurava come responsabile civile (cioè in veste di datore di lavoro chiamato eventualmente a risarcire), tutelato dall’avvocato Michele Jasonni. I proprietari dovevano rispondere di violazioni al Codice della strada sia per la prossimità del manufatto alla strada, sia per il suo materiale; di mancato rispetto del Testo unico sulle acque per la mancanza del chiusino di protezione del pozzo e per il posizionamento a quota pari, se non inferiore, al piano di campagna; e anche della mancanza di interventi per metterlo in sicurezza. Alla dipendente del Comune, una 49enne di Villa Minozzo, si contestava di non aver provveduto alla manutenzione, alla gestione e alla pulizia della strada vicinale e del manufatto e di non aver apposto segnaletica. Ieri le difese hanno chiesto il proscioglimento. Per i proprietari ha discusso l’avvocato Chiara Bardelli; per la dipendente comunale l’avvocato Valeria Miari che ha sostenuto l’imprevedibilità dell’evento.
Secondo la tesi difensiva, l’esistenza della cisterna, coperta da un "casotto" chiuso sui lati e sul tetto, non solo era sconosciuta ma non era neppure conoscibile da parte del Comune perché non esistevano atti da cui desumerla: probabilmente fu costruita negli anni Cinquanta al tempo della realizzazione dell’acquedotto. Secondo il consulente tecnico della Procura, il giovane teneva una velocità adeguata, ma per la difesa il calcolo è stato fatto senza sapere esattamente il punto da cui lui fuoriuscì e, viste le condizioni, avrebbe dovuto procedere più lentamente. Sono state depositate le prove del passaggio dei mezzi spazzaneve due volte 24 ore prima dell’incidente e anche spargisale. Ed è stato sostenuto che anche la presenza di un cartello non sarebbe bastata. "Mancano gli elementi per sostenere l’accusa in giudizio – commenta l’avvocato Miari –. Purtroppo il giovane ha perso la vita a causa di una tragica fatalità che non era prevedibile". L’avvocato Jasonni che tutela il Comune parla di "sentenza di grande civiltà". L’avvocato Bucchi preferisce rimandare eventuali commenti "a dopo la lettura delle motivazioni", che saranno depositate entro un mese.
Alessandra Codeluppi