FRANCESCA CHILLONI
Cronaca

Morto nel pozzo, il nipote in aula: "Non potevo avvicinarmi alla casa"

Toano, parenti e amici chiamati a testimoniare nel processo alla vedova di Pedrazzini. Il 77enne fu trovato senza vita

Valentino Monticelli, nipote di Giuseppe Pedrazzini. Sopra Antonella Gilioli, legale della vedova Marta Ghilardini

Valentino Monticelli, nipote di Giuseppe Pedrazzini. Sopra Antonella Gilioli, legale della vedova Marta Ghilardini

di Francesca Chilloni"Beppe diceva: quel trattore morirà con me". E così in effetti fu, come emerso ieri al Palazzo di Giustizia nel processo per la morte del 77enne Giuseppe Pedrazzini, di Cerrè Marabino (Toano). "Per lui quel trattore era importante, non lo avrebbe mai venduto, ce l’aveva da quando era giovane" ha dichiarato in aula l’amico Stefano Bezzi. Quando i conviventi dell’anziano - la moglie, la figlia e il genero - raccontarono in paese che erano stati venduti tutti gli attrezzi agricoli, i parenti e gli amici si spaventarono davvero: "Ci sembrò strano".

Era da mesi che non vedevano Beppe in giro e non lo sentivano nemmeno per telefono, nessuno poteva avvicinarsi alla casa. Una sensazione angosciante confermata poi dalla scoperta che i carabinieri fecero l’11 maggio 2022: il cadavere dell’anziano era sul fondo di un pozzo accanto all’abitazione. Per questa morte sono già stati condannati in rito abbreviato, anche in Appello, il genero 45enne Riccardo Guida e la figlia 39enne Silvia, a 12 anni e 4 mesi ciascuno. Erano accusati di maltrattamenti, sequestro di persona, soppressione di cadavere e truffa ai danni dello Stato, per aver continuato ad incassare la pensione del defunto.

Ieri è invece proseguito il processo alla vedova 66enne Marta Ghilardini davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Cristina Beretti. Ben 19 le persone chiamate a testimoniare. Tutti hanno raccontato - chi con più dettagli, chi in modo generico - della parabola finale di un uomo gioviale e generoso, iniziata quando la figlia ed il genero da Taranto si trasferirono con il loro bambino 11enne a Cerrè Marabino. Giuseppe progressivamente diradò per poi interrompere i suoi contatti sociali, chiuso nella propria abitazione. Alcuni conoscenti hanno spiegato come, dopo la morte della anziana suocera, dal Natale 2021 Pedrazzini non si fece vedere nemmeno per gli auguri.

Molto significativa la deposizione del nipote Valentino Monticelli: "Prima ci vedevamo due, tre volte alla settimana, anche di più. Si pranzava e cenava insieme. Lavoravo la terra di proprietà di sua moglie. Silvia si era trasferita in Puglia; sapemmo del matrimonio che si era già celebrato. Una volta Giuseppe chiese a me ed un amico di andare a Taranto, perché il marito l’aveva mandata via di casa. Quando arrivammo, lei non ci volle vedere, disse che il padre aveva capito male".

Quando la coppia si trasferì a Toano, "non lavoravano – prosegue –. Con Riccardo ho avuto screzi in cortile. Una volta stavo portando il concime sul trattore e lui uscì di casa, mi urlò contro, tirò sassi". Gli arrivò a pochi centimetri dal volto e sputò. Dopo un altro episodio simile, sempre Guida "mi disse: a Taranto ti è andata bene che ti ho scambiato per un carabiniere". In seguito i parenti dell’anziano "mi fecero capire che non faceva piacere che andassi lì".

Inutili le telefonate, "Beppe non aveva il cellulare, sul telefono di casa se rispondevano c’era sempre qualcuno accanto a lui, penso la moglie. A Natale mi disse che aveva male alle gambe, gli suggerii di andare da un certo medico di Castelnovo Monti, ma non si fece vedere". Infine a Monticelli arrivò un messaggio sul cellulare: "’Sei venuto questa mattina a disturbare, che sia l’ultima volta che ti fai vedere nel cortile sennò prenderemo provvedimenti’. Secondo me lo aveva scritto Marta, il telefono era suo, ma non so…". Poi nel 2022 "non visto più lo zio".

"Il dato lampante che emerge da tutti i testimoni che abbiamo sentito – commenta l’avvocata Antonella Gilioli, difensore della vedova – è l’aggressività, la prepotenza, la modalità prevaricativa e minacciosa del fare del genero, che comunque allontanava tutti. Non faceva avvicinare nessuno e imponeva la propria volontà. Se avevano paura gli estranei, figuriamoci chi viveva con lui. La signora era spaventata e obbediva a tutto quello che le veniva detto. Quando si è resa conto che la pressione era finita, ha parlato". La corte haincaricato un consulente tecnico affinché verifichi la capacità di testimoniare del nipotino.