Reggio Emilia, "La 'Ndrangheta radicata a Brescello: condannateli a 123 anni di carcere"

Le richieste di pena della pm Ronchi per i 16 imputati del processo Grimilde, dopo 10 ore di requisitoria

Reggio Emilia, 10 novembre 2022 - Il massimo della pena richiesto per Francesco Grande Aracri, 68enne residente a Brescello, in custodia cautelare in carcere a Novara. Per lui, fratello del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, accusato di associazione mafiosa e altre 16 imputazioni, il magistrato della Dda Beatrice Ronchi ha domandato 30 anni, al termine della requisitoria nel processo ‘Grimilde’ di primo grado, con rito ordinario.

Il pm Beatrice Ronchi durante l’udienza di ieri in tribunale a Reggio
Il pm Beatrice Ronchi durante l’udienza di ieri in tribunale a Reggio

Davanti alla corte dei giudici presieduta da Donatella Bove, a latere Silvia Guareschi e Matteo Gambarati, il pm aveva usato parole molto dure: "Lui è la ‘ndrangheta, il vertice della cosca in Emilia".

Per il figlio Paolo Grande Aracri, 32enne detenuto a Frosinone e pure lui accusato di mafia, la richiesta è di 16 anni e mezzo. Nel filone di ‘Grimilde’ in abbreviato, in Appello, l’altro figlio, il 43enne Salvatore Grande Aracri, è stato condannato per 416 bis a 14 anni e 4 mesi, mentre per la figlia 39enne Rosita i giudici hanno ravvisato un’accusa più grave di quella originaria, cioè una possibile partecipazione alla cosca.

Non si mostra sorpreso Carmine Curatolo, l’avvocato difensore di Francesco e Paolo Grande Aracri: "Mi aspettavo una richiesta simile per entrambi, in coerenza con la linea sempre tenuta dalla Dda. Noi dobbiamo ancora parlare, confido tanto in un buon esito della sentenza". Sul fronte delle difese, in aula ieri c’erano solo gli avvocati Vincenzo Belli e Chiara Carletti per l’imputato Omar Costi.

Le assenze sono state notate pure dal procuratore generale in Appello Lucia Musti. Curatolo replica: "Io avevo anticipato alla Procura che sarei stato presente solo alla discussione finale, perché impegnato in altri processi in Calabria. La mia non voleva essere una mancanza di rispetto".

Le altre pene più alte, 9 anni, sono state chieste per Costi (già condannato in Aemilia) e Luigi Cagossi, accusati di usura a una coppia di imprenditori di Cadelbosco in difficoltà. Spiccano anche i 7 anni chiesti per Domenico Oppido e i 5 anni e 4 mesi per il padre Gaetano Oppido, al centro della contestata maxitruffa da oltre 2 milioni ai danni dello Stato, finiti sul conto della loro azienda di Cadelbosco.

In totale, per tutti gli imputati, sono stati chiesti 123 anni . Oltre alla confisca dei beni al centro del sequestro penale (in occasione delle perquisizioni, ad esempio del 25 giugno 2019) e come sequestro preventivo. E della casa intestata alla moglie di Paolo Grande Aracri (in vicolo Garibaldi 2 a Brescello), ritenuta riconducibile a lui.

Per l’estorsione al titolare del bar ‘Carpe diem’ di Parma, domandata la confisca di 40mila euro a Paolo, corrispettivo della cessione del locale.

Per Costi e Cagossi, la confisca per equivalente delle somme oggetto di usura, 10.500 euro al mese dal marzo 2013 al marzo 2014. In aula ieri era nutrita la presenza di attivisti antimafia: da Catia Silva di Brescello – con accanto Ferdinando Bianchini, giovane brescellese che ha dedicato la tesi di laurea alla mafia in paese –, ai referenti locali delle associazioni Libera, con il presidente regionale Daniele Borghi, e Agende Rosse.

LE RICHIESTE

Francesco Grande Aracri (nato nel 1954), residente a Brescello, 30 anni; Paolo Grande Aracri (1990), Brescello, 16 anni e 6 mesi; Gregorio Barbierio (1989), Reggio Emilia, 6 anni; Domenico Brugnano (1989), Reggio Emilia, 4 anni; Luigi Cagossi (1952), Reggio Emilia, 9 anni e 5mila euro di multa; Salvatore Caschetto (1969), Rosolini (Sr), 2 anni ed esclusione dell’aggravante mafiosa; Omar Costi (1974), Reggio Emilia, 9 anni; Nunzio Giordano (1968), Montecchio, 6 anni; Domenico Oppido (1976), Cadelbosco, 7 anni, 3mila euro di multa; Gaetano Oppido (1948), Cadelbosco, 5 anni e 4 mesi, 3mila euro di multa; Francesco Paolo Passafaro (1996), Viadana (Mn), 4 anni e 8 mesi; Giuseppe Passafaro (1968), Viadana (Mn), 4 anni e 4 mesi; Pietro Passafaro (1995), Viadana (Mn), 4 anni e 8 mesi; Matteo Pistis (1997), Brescello, 5 anni; Roberto Pistis (1965), Brescello, 4 anni e 8 mesi; Antonio Rizzo (1983), Cadelbosco, 5 anni e 4 mesi.

Per Francesco e Paolo Grande Aracri chiesta, dopo l’espiazione della pena, la misura della casa di lavoro per 2 anni. Per tutti gli altri imputati, a parte Caschetto, domandata la libertà vigilata per 2 anni.