di Alessandra Codeluppi
Parole che arrivano come uno schiaffo. Contro il volto di un’intera comunità, quella di Brescello: ritenuta colpevole di ostinarsi a non voler vedere la ‘ndrangheta che, secondo il giudice Sandro Pecorella, ha effetti pesanti anche dopo gli arresti dei suoi capi. Sta di certo in una quarantina di pagine la sentenza più dura inflitta dal gup, anche se non figura tra quelle degli imputati ufficiali.
Riguarda il popolo intero del comune sul Po: "Almeno a Brescello e nel 2019 la cosiddetta sindrome di ‘Grimilde’ che dà il nome al processo, è ancora in azione. La società - scrive il gup - ancora non vuole guardarsi allo specchio per non essere messa di fronte alla realtà".
Il gup di Bologna si sofferma a lungo sullla relazione tecnica del dicembre 2015, in cui si elencavano le anomalie amministrative e i favoritismi al clan Grande Aracri, alla base poi delle dimissioni dell’ex sindaco Marcello Coffrini e del successivo scioglimento del Comune per condizionamento mafioso. Qui risiedeva, Salvatore Grande Aracri, condannato in abbreviato in ‘Grimilde’ a 20 anni per 416 bis, la pena più pesante insieme a quella data all’ex consigliere comunale di Piacenza Giuseppe Caruso.
L’affresco del paese parte dal richiamo a uno vero: ‘L’allegoria degli effetti del Buono e del cattivo governo’ di Ambrogio Lorenzetti, a Siena. "La relazione su Brescello è declinata solo verso gli effetti del Cattivo governo che tollera e protegge la protervia del forte e del violento".
Il gup si rifà poi alla relazione: "Da almeno dieci anni, la consorteria ha trovato nel Comune non solo continuità di indirizzo politico favorevole, ma anche una struttura disponibile e permeabile al suo volere. Nonostante le inchieste per mafia, in ultimo ‘Aemilia’, abbiano ampiamente parlato di Brescello, nel paesino raccontato da Guareschi a denunciare e a parlare apertamente sono stati in pochi - tuona il giudice - e restano ancora in pochi. Emblematico l’atteggiamento del personale del Comune, apparso ancorato a inconsapevolezza, mista talvolta a timore".
Tra gli argomenti, emerge anche un aspetto legato alla devastante alluvione di Lentigione del 2017; sui lavori per fare la pista ciclabile sull’argine dell’Enza, fatti dalla società New project, Salvatore Grande Aracri viene intercettato: "Che dice che l’argine l’ho fatto ‘mbaluso... (cioè l’ho fatto male, ndr)". In pratica riconduce l’opera a se stesso. Si dà spazio all’interrogatorio del pentito Giuseppe Giglio del 9 maggio 2016 alla Dda sull’appoggio della comunità cutrese all’ex sindaco Marcello Coffrini: "Accordi non lo so. Però si sono impegnati politicamente per farlo eleggere".
E qui si riporta l’interrogatorio di Manuel Conte, del 15 ottobre 2019 condannato a quattro anni e un mese. Scrive il gup: "Il problema non riguarda solo i vecchi vigili del Comune di Brescello, che continuano a non fare la multa ai Grande Aracri e alle persone loro riferibili, ma anche i carabinieri di Brescello".
I fatti, puntualizza il gup, "sono avvenuti nel 2019". Conte parla di un vigile "nuovo, mai visto... di qua, non meridionale", che gli stava dando una multa, quando interviene Paolo Grande Aracri - fratello di Salvatore, a processo in ordinario - che lo minaccia: "Non fare la multa, hai sbagliato proprio paese... Se vengo lì ti spacco le ossa".
Il vigile "voleva portarci quella sera in questura". Conte dice poi di non aver pagato: "Paolo ha strappato la multa davanti al vigile". Sul passato, sottolinea che "i vigili fischiavano e basta se si metteva la macchina fuori posto". Dice di essere stato fermato una volta dai carabinieri di Brescello: "Mi dissero: ‘Digli al tuo amico di portare almeno rispetto per la divisa che sennò iniziamo a fare le multe’. E si riferiva a Paolo. Salvatore parcheggiava quando andava al bar centrale o di fianco al marciapiedi, negli handicappati, il Bmw, e non gli hanno mai fatto contravvenzioni".
(Nelle due foto, a sinistra il pm della DDA, Beatrice Ronchi, a sinistra Salvatore Grande Aracri)