’Ndrangheta, nuovi guai per Coopsette. "Appalti gonfiati"

L'operazione Alchemia parte da Reggio Calabria. Nelle carte anche una società di Albinea, intestata a un noto ex giocatore di rugby reggiano

La cooperativa Coosette

La cooperativa Coosette

Reggio Emilia, 20 luglio 2016 - APPALTI di Coopsette «gonfiati» per favorire la ’ndrangheta e una società di Albinea intestata a un noto ex giocatore di rugby reggiano, Marco Parrello, che serviva da tramite per gli affari della presunta cosca. C’è anche questo nelle carte dell’operazione Alchemia, portata avanti dalla procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, in Liguria, Calabria, Lazio, Piemonte. Il blitz scattato all’alba di ieri ha portato all’emissione di 42 misure cautelari: 34 in carcere, 6 ai domiciliari e 2 interdittive dall’esercizio di un pubblico ufficio.

Al centro dell’inchiesta e indagini «soggetti affiliati e contigui alla ‘ndrangheta delle cosche reggine ‘Raso-Gullace-Albanese’ e ‘Parrello-Gagliostro’», dice l’accusa; indagati, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. Tra loro anche alcuni dipendenti di Coopsette, componenti dell’ufficio acquisti.

Gli accertamenti – dicono i magistrati – «hanno disvelato il grande interesse degli appartenenti alle citate consorterie della ‘ndrangheta per diversi settori ‘strategici’, quali il movimento terra, l’edilizia, l’import-export di prodotti alimentari, la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse on line, la lavorazione dei marmi, autotrasporti, smaltimento e trasporto di rifiuti speciali, con l’individuazione di società intestate a prestanome».

In particolare, le imprese edili e di movimento terra riferibili alla cosca ‘Raso-Gullace-Albanese’ avrebbero acquisito anche appalti dalla cooperativa reggiana Coopsette nella sua sede di Genova, «attraverso la corruzione di dipendenti infedeli che assegnavano le commesse a seguito dell’approvazione di preventivi appositamente ‘gonfiati’, così consentendo un maggior guadagno alle imprese mafiose e assicurarsi il pagamento di un corrispettivo», si legge nelle carte. Fatti che risalgono al 2009-2010.

LA COOPERATIVA. Gli accertamenti sono partiti da Antonino Raso, 68 anni (nato nella provincia di Reggio Calabria e residente a Genova), ritenuto partecipe della cosca, in costante rapporto con il «leader indiscusso», Carmelo Gullace. Raso, secondo i pm, aveva «il compito di assicurarsi l’aggiudicazione di appalti pubblici dalla ditta Coopsette in favore delle ditte dei sodali Orlando Sofio e Carmelo Gullace, fittiziamente intestate a terzi in relazione ai lavori di costruzione del silos vinaio nel porto di Genova e in relazione ai lavori di coloritura, intonacatura e fornitura dei basamenti di cemento per il cantiere di Genova Bolzaneto, anche ricorrendo a fenomeni corruttivi di dipendenti dell ‘azienda committente e di turva di asta, presentando al committente dei preventivi ‘di comodo’».

Il quadro che i magistrati fanno della cooperativa reggiana è pesantissimo. «L’impresa Coopsette – si legge nell’ordinanza – era un’azienda in crisi economica, dal momento che nel febbraio 2012, ha presentato al Tribunale di Reggio Emilia un concordato preventivo per il risanamento della società teso a ripianare il deficit economico che ha determinato una forte situazione debitoria. Nonostante tutto, i dipendenti dell’azienda prendevano accordi con Raso, e per suo tramile, anche con altri imprenditori, per consentire loro l’aggiudicazione di commesse, non solo a prezzi ‘sconvenienti’ per l’azienda, ma anche ritraendo un vantaggio economico personale consistito nella riscossione di una tangente per pilotare la gara». E ancora: «Le intercettazioni hanno infatti evidenziato la sussistenza di rapporti di natura illecita perché improntati a corruzione e turbativa di asta, tra Raso e i geometri della Coopsette, Enrico Talarico e Paolo Rosa, i quali, per l’affidamento di commesse a ditte che interessavano al Raso, avevano ricevuto tangenti in denaro».

Nero su bianco: «Una procedura illecita con cui imprenditori e dipendenti della Coopsette indirizzavano l’aggiudicazione degli appalti perché improntata alla corresponsione di tangenti».

LA DITTA DI ALBINEA. Ma c’è anche un altro filone d’inchiesta che tocca la nostra città e che porta dritti ad Albinea, dove aveva sede la Multiservizi Mgd, di cui Marco Parrello, detto ‘Marcuccio’ (indagato di 42 anni, residente a Palmi, Reggio Calabria, ma conosciutissimo ex giocatore del Rugby Reggio), «era intestatario fittizio essendone Candeloro Gagliostro socio occulto». La società, con sede ad Albinea in via Morandi I/B, operava nel settore delle consulenze imprenditoriali.

I due – Parrello e Gagliostro – secondo le accuse erano anche impegnati nella commercializzazione delle lampade a led. Tanto che, in un incontro intercettato al centro commerciale ‘Il Volo’ di via Fratelli Cervi il 10 marzo 2012 a Pieve Modolena, si parla dell’installazione di un impianto di illuminazione per un campo sportivo adibito al gioco del rugby. «Marco Parrello, ben inserito nel mondo sportivo del Rugby, era direttore sportivo della squadra Rex Albinea Reggio Emilia, di cui la moglie Lorena Poggioli era presidente», si legge nelle carte. La squadra ora non esiste più. «Da ulteriori conversazioni si individuava il campo sportivo (oggetto del presunto affare sui fari, ndr) in quello di via Assarini, a Reggio Emilia», alla Canalina.

Il gip, però, ha deciso di rigettare la misura cautelare nei confronti di Parrello, richiesta dal pm. «Dal materiale indiziario si evince che Parrello fosse entrato in affari con Candeloro Gagliostro, con indubbio reciproco vantaggio, essendo tuttavia rimasta inesplorata la consapevolezza della mafiosità dei suoi interlocutori, con i quali pure aveva intrattenuto significativi rapporti economico professionali», scrive il giudice.