Nel rogo perse tutto, ora va in carcere

La Cassazione boccia il ricorso di Francesco Mango, 64 anni, il titolare del furgone-rosticceria che esplose

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Quella mattina del 9 marzo 2013 ha perso tutto, Francesco Mango, 64 anni, abitante a Sant’Ilario. Quella mattina il suo furgone-rosticceria, in sosta al mercato di Guastalla, esplose improvvisamente, provocando la morte della moglie Teresa Montagna, della figlia Rossana e della cognata Bianca Maria (che insieme a lui si trovavano al lavoro sul mezzo del commerciante ambulante), oltre al ferimento di una ventina di persone che in quel momento si trovavano in piazza della Repubblica.

Mango, titolare del furgone rosticceria, è stato processato e condannato per non aver eseguito le adeguate operazioni di sicurezza sul mezzo, esploso a causa di un problema al sistema di collegamento con le bombole del gas. Accusato di omicidio colposo plurimo, incendio doloso e lesioni gravi, nel settembre dello scorso anno Mango è stato condannato in Appello a cinque anni e otto mesi di reclusione. Poi, assistito dagli avvocati Nicola Tria e Amerigo Ghirardi, ha presentato ricorso in Cassazione.

Ma la Suprema Corte ha rigettato quel ricorso, confermando la sentenza della IV sezione della Corte d’Appello di Bologna. A quel punto, come da prassi in questi casi, l’ufficio esecuzioni penale della Procura Generale della Corte di Appello bolognese ha emesso l’ordine di carcerazione per Mango, con l’atto trasmesso per l’esecuzione ai carabinieri di Sant’Ilario, il paese dove il 64enne risiede. I militari hanno raggiunto l’uomo, poi trasferito in carcere per espiare la pena. Dunque, il condannato si trova ora in cella, in attesa di ulteriori disposizioni di competenza dell’autorità giudiziaria.

A livello generale resta confermata la provvisionale, in tema di risarcimento, di sessantamila euro per i parenti più stretti delle tre vittime, oltre a cinquemila euro ciascuno per sei dei feriti nell’esplosione al mercato guastallese.

La difesa, nel ricorso in Cassazione, ha contestato le tesi finali della Procura generale, sollevando anche l’ipotesi di un errore nel calcolo della pena finale.

Ma la Suprema Corte non ha accolto le tesi difensive, rigettando il ricorso.

Antonio Lecci