
Manutenzione. Ovvero "il complesso delle operazioni necessarie a conservare la conveniente funzionalità ed efficienza". Una parola desueta che appartiene a una stagione – quella della cura, delle piccole riparazioni, di un sentimento di quasi riconoscenza verso le cose utilizzate – che è stata travolta dall’usa e getta, purtroppo spesso in senso letterale. Ne consegue che si piantano alberelli che poi nessuno innaffierà, si installano staccionate di legno che marciscono nell’incuria, che i parchi pullulano di cestini debordanti di rifiuti. Ma la colpa è nostra, non solo di chi ci amministra. Le strade sono sporche perché i maleducati non sono più minoranza, perché ci secca tenere una bottiglietta vuota in auto e il rispetto della città, il senso della comunità, ci trovano del tutto estranei. Ha ragione a dire che in giro ci sono tanti sfaccendati. Però non possiamo arruolarli come ’volontari’ netturbini, così come non possiamo pretendere che lavorino nelle campagne del Mezzogiorno in cambio di qualche spicciolo, senza prospettive. L’integrazione vera passa dalla scuola, dalla lingua, dall’apprendimento di un mestiere che ci riesce, dalla crescita individuale e dal rispetto reciproco. Altrimenti non è integrazione: è l’accensione della miccia.