"Non accetterò il testamento di Agazzani"

L’amico del critico Carlo Malavolti ha testimoniato "Rinuncio a tutto, questa storia mi ha rovinato"

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di Alessandra Codeluppi

"Non accetterò il testamento in cui si dice che sono l’erede universale: se dovessi diventarlo, rinuncerò. Questa storia mi ha rovinato". A dirlo, in tribunale, dove ieri è stato sentito come testimone, è Carlo Malavolti, che fu amico del critico d’arte reggiano Alberto Agazzani, trovato morto a 48 anni, il 16 novembre 2015, nella sua casa in centro storico, in via Farini. All’epoca si ipotizzò che si fosse tolto la vita impiccandosi. Poi fu avviata un’inchiesta sulla sua eredità, scaturita in un processo che vede imputato Marco Lusetti, ex vicesindaco di Guastalla, per falso testamento olografo e truffa a proposito di un atto. In passato era stato indagato anche Malavolti, ma la sua posizione fu archiviata: un primo testamento olografo di Agazzani, datato 2014, indicava come unico erede proprio lui, ma la perizia calligrafica disposta dalla Procura ne confermò l’autenticità. In ballo c’è anche un secondo testamento, datato 2015, in cui figura invece Lusetti: ma la firma di Agazzani in questo caso è stata ritenuta falsa dal grafologo incaricato dalla Procura. A Lusetti, ingiustamente secondo gli inquirenti, sarebbero così andati libri d’arte, abiti e scarpe, quadri di Gianni Ruspaggiari, beni ritenuti dalla Procura di valore ingente e sottoposti nel 2016 a sequestro preventivo. L’imputato, difeso dall’avvocato Erica Romani, respinge ogni addebito. "Alberto mi diceva che se gli fosse accaduto qualcosa, avremmo dovuto occuparcene io e Lusetti. Ma non mi stupisce che vi fosse stato un testamento per Marco - ha detto Malavolti - perché negli ultimi tempi era diventato più vicino ad Agazzani". Davanti al giudice Matteo Gambarati, l’udienza è proseguita tra diverse contestazioni sollevate dal pm Maria Rita Pantani, titolare dell’inchiesta. Finché è emersa una circostanza particolare: "Dopo la morte di Alberto, Lusetti trovò tra i libri della casa di via Farini un testamento che lo indicava come erede universale. Decidemmo di renderlo pubblico durante una riunione con gli amici, e poi di andare dal notaio Giorgia Manzini. Ma durante quell’incontro, fu mostrato anche il testamento in cui venivo nominato io. Non so dire dove fu trovato e da chi. Io ne ebbi una fotocopia dall’avvocato Romani: prima di averlo da lei non lo avevo mai visto". Il teste preciserà poi, rispondendo alla difesa, di aver conosciuto l’avvocato solo dopo essere stato indagato, e di aver visionato il testamento quando il legale glielo mostrò. E correggerà il tiro: "Il testamento 2015 fu trovato da Lusetti. Quello del 2014, dove figuro erede io, lo trovò sempre Lusetti dopo qualche settimana. Nella riunione furono mostrati entrambi ma non ci metto la mano sul fuoco". Prima di lui è stato sentito come teste anche un altro amico di lunga data di Agazzani, l’avvocato Helmut Bartolini: "Il suo punto di riferimento - ha detto - era Malavolti. Ricordo che Alberto diceva: ‘Il mio erede universale è Carlo".