"Abbiamo l’idea che un abusante sia solo negativo. Ma le persone sono complicate e anche gli uomini, lo dico da terapeuta di sex offender, che hanno commesso i peggiori reati, non sono mostri, ma hanno anche altre parti. Sono anche in grado di dare la vicinanza affettiva di cui il bambino-vittima ha bisogno. Non possiamo vedere le situazioni della psicologia bianche o nere. Non c’è il buono, non c’è il cattivo".
Così ha detto ieri Nadia Bolognini, 54 anni, una degli imputati-chiave del processo sui presunti affidi illeciti di bambini. La psicologa del centro ‘Hansel e Gretel’ di Torino, codifesa dagli avvocati Luca Bauccio e Francesca Guazzi, deve rispondere in concorso con altri di frode processuale, violenza privata, falsa perizia determinata da inganno, lesioni per i presunti disturbi ai bambini causati dalle sue sedute. Si è soffermata sulla propria formazione specialistica, e a lungo sulle teorie della scienza psicologica, arrivando a citare lei stessa il nome dell’inchiesta che ha spaccato l’Italia per sovvertire il teorema accusatorio: "Qui mi permetto anche di dire: non ci sono angeli, non ci sono demoni, c’è solo la complessità di una situazione. Il percorso terapeutico è arrivare anche all’integrazione dei due aspetti, che la persona può essere sia buona sia cattiva, è il concetto dell’ambivalenza".
Durante l’esame che lei ha decisp di rendere, Bauccio fa una domanda provocatoria: "Ma allora secondo lei i bambini hanno sempre ragione?". Per Bolognini, "avere a che fare coi bambini significa avere a che fare con la complessità. L’ambivalenza è complessa: comporta che colui che ha tenuto comportamenti inadeguati è anche colui che amo. In tutte le sedute a fine terapia, lo si vedrà, io chiedo al bambino cosa prova e lui dice di essere felice. Come può esserlo se ha detto una cosa difficile? Ma tutta la terapia per elaborare i traumi si basa sul fatto che se io riesco a mettere in parola ciò che mi fa soffrire, ciò mi permette di stare meglio". Poco prima aveva letto il terribile racconto di una minorenne da lei seguita (non al centro del processo) vittima di violenza sessuale dallo zio, fino alla frase stupefacente che pronunciò: "Lui mi voleva bene". I bambini, spiega Bolognini, "vogliono bene anche se l’adulto è pedofilo".
Si è soffermata sulla questione setta dei pedofili in Val d’Enza, spiegando il concetto di ‘setta’ in modo specialistico alla luce anche di come la polizia di Stato la combatte. Nega di averla riscontrata nelle storie dei bambini al centro del dibattimento reggiano.
"Eppure un’assistente sociale (non imputata, ndr), ha detto in aula che se ne parlò in un incontro", obbietta il difensore per indurla a ribattere che quell’assistente, invece, secondo lei, era assente, ma si parlò in due casi di situazioni specifiche, tra cui quella in Val d’Enza di una madre, ora già condannata in via definitiva, fece prostituire la figlia. Una storia talmente pesante, anche per gli operatori che dovevano seguirla, che si decise di fare incontri. Ha detto che la psicologa Rita Rossi, che si occupò di quest’adolescente, e poi in ‘Angeli e demoni’ è divenuta consulente della Procura, "allora condivise appieno la mia relazione sulla ragazzina". A inizio udienza si è affrontato il tema di una censura ricevuta dall’ordine professionale degli psicologi di Torino. In aula, il 27 marzo 2023, un maresciallo che ha seguito l’inchiesta ha detto che il tema setta entrò in Val d’Enza attraverso la onlus Hansel e Gretel ed era correlato alla censura. Bolognini ha poi ribattuto, portando i documenti, che il consiglio dell’ordine la deliberò "non colpevole all’unanimità" e che "non mi fu contestato il tema setta". Bauccio ha chiesto al collegio di trasmettere gli atti a Bologna "per falsa testimonianza a carico del carabiniere, per il travisamento documentalmente esplicito che lui fece".