"Non credo a Moustapha, ha ucciso lui Franca"

Anna Ganassi, sorella della donna massacrata nel 2005 commenta l’interrogatorio del marocchino accusato dell’omicidio.

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Non credo a nessuna delle sue parole. Chi altro vuoi che sia stato a uccidere Franca? Il colpevole è lui, deve pagare per quello che ha fatto". Anna Ganassi, una delle sorelle della 60enne di Scandiano trucidata 15 anni fa vicino a casa sua, commenta così l’interrogatorio di Moustapha Bouzendar davanti agli inquirenti marocchini, riportato dal Carlino nell’edizione di ieri.

Una deposizione particolarmente cruenta quella del 44enne marocchino, attualmente detenuto a Casablanca dopo che è stato arrestato in seguito alle indagini con le quali la procura reggiana è riuscita a dimostrare che il Dna rinvenuto sul corpo della donna appartiene a lui.

Nel verbale redatto in arabo Bouzendar sostiene di aver violentato la 60enne, ma di non averla uccisa: cosa che invece avrebbe fatto un suo amico italiano con il quale erano stati a bere e consumare cocaina in un parco. Qui, vedendo passare Franca Ganassi ("se passava un’altra donna avremmo fatto lo stesso", riconosce il marocchino), i due l’avrebbero aggredita, violentata, derubata e uccisa. Una versione che non convince gli inquirenti, nè quelli italiani nè quelli marocchini, secondo i quali Moustapha ha fatto tutto da solo. E non convince neanche Anna Ganassi.

"Un italiano coinvolto? Mi sembrerebbe molto strano – dice Anna –. Non perché sono razzista, sia chiaro, ma perché i fatti mi sembrano piuttosto chiari e lineari. La ricostruzione degli inquirenti è precisa e puntuale. Sotto alle unghie di mia sorella hanno trovato tracce della pelle di Moustapha, perché Franca ha provato a difendersi. Hanno estratto il Dna e poi sono riusciti a risalire al colpevole. Ancora oggi mi sento di ringraziare gli inquirenti e anche i giornali, per il lavoro che hanno fatto e per come sono riusciti ad arrivare alla verità".

Il marocchino ha sostenuto di aver abusato della donna, ma che poi a colpirla mortalmente è stato il suo amico. L’impressione, però, è che gli inquirenti rimangano convinti che non ci sia stato nessun complice. Il marocchino, il giorno dopo il delitto, che è avvenuto la sera tra il 30 e il 31 dicembre del 2005, ha preso un autobus ed è tornato in Marocco. Ma gli esami del Dna hanno consentito di risalire a lui, a distanza di quindici anni. Ora il 44enne sarà processato. I familiari della vittima chiedono giustizia. "E’ colpevole, mi aspetto che paghi – conclude Anna –. Odio? Non odio nessuno, ma la ferita per mia sorella rimarrà sempre ed è giusto che lui venga punito per quello che ha fatto".

Domenico Cantalamessa