
L’ingresso del Palazzo di giustizia
Cene al mare due o tre volte alla settimana, pernottamenti in albergo e regali offerti a una donna con cui vi era una profonda amicizia. Anche se poi lui dirà che aveva sperato che diventasse qualcosa di più. A un certo punto a tingersi di rosso fu però il conto dell’uomo, che accese un finanziamento per diciottomila euro. Intervennero i parenti: la bella vita finì per entrambi e per lei scattò la denuncia. Per la Procura, fu un caso di circonvenzione di incapace che meritava una pena di un anno e mezzo. Lei, una 43enne, ieri è stata assolta dal giudice Michela Caputo: "Il fatto non sussiste".
Per la difesa, affidata agli avvocati Alessio Fornaciari e Alessandro Nizzoli, si trattò solo di galanteria all’antica: un libero dono di un uomo a un’amica, dimostrato dai tanti selfie depositati nel processo con la coppia a tavola e al mare, entrambi sorridenti. La donna era finita a processo per fatti avvenuti a Correggio: secondo la Procura, lei, tra il 2017 e il 2018, attraverso "pretestuose affettuosità", avrebbe indotto lui, un 41enne "palesemente affetto da un lieve deficit cognitivo", ad accendere cinque finanziamenti bancari e a fare plurimi prelievi in contanti, portando il conto corrente sotto lo zero.
Frequentazione assidua e spese troppo elevate, secondo la tesi d’accusa, furono sostenute unilateralmente da un uomo con fragilità. "Non vi fu volontà di lucrare da parte della nostra assistita, ma solo uno stile di vita condotto al di sopra delle loro possibilità - hanno sostenuto gli avvocati Nizzoli e Fornaciari -. Lui ha peraltro riconosciuto che lei avrebbe voluto rimborsarlo, ma non riuscì a causa della sua difficoltà a trovare un lavoro".
L’uomo si è costituito parte civile tramite l’avvocato Franco Beretti, che aveva chiesto un risarcimento totale di 40mila euro: "Difficile commentare fino a che non avremo le motivazioni della sentenza - dichiara Beretti -. Certamente sapevamo e avevamo messo in conto alcune difficoltà tecniche legate soprattutto alla interpretazione giurisprudenziale sulla circonvenzione di incapace. Quello che appare oggi, tuttavia, è un esito che non possiamo non ritenere come profondamente ingiusto e per il quale ci riserviamo di presentare appello, qualora il mio assistito e la sua famiglia intendessero proseguire nella loro ricerca di giustizia".
Alessandra Codeluppi