"Non posso assistere mia mamma Colpa di un cavillo burocratico"

Lo sfogo della figlia, sostituita da un amministratore: "I giudici dovrebbero avere il tempo di valutare bene i casi"

Un dato sbagliato, un banale cavillo tecnico possono essere sufficienti a togliere a una figlia la responsabilità dell’assistenza economica della madre anziana e ammalata.

E a poco sembra servire una tempestiva correzione, anche tramite un avvocato con relativi costi.

"Per un cavillo una figlia amorevole che dedica e sacrifica la propria vita per prendersi cura della mamma malata, con la lapidaria sentenza di un giudice viene accusata di trascuratezza e passibile di condanna".

E’ lo sfogo di una donna residente nella Bassa Reggiana.

Di fronte a una situazione ritenuta "ingiusta", chiede che certe vicende possano essere valutate in modo adeguato da giudici, spesso "distanti" dalla realtà che molte famiglie sono costrette a vivere.

"Certi giudici – aggiunge la donna – hanno idea di cosa significhi tenere in vita una persona che non parla, che non ha coscienza di sé, che ha le stesse necessità di un neonato e che peggiora di giorno in giorno? Vuol dire nutrirla, assicurare la giusta idratazione, somministrare le medicine, tenere a bada le piaghe da decubito, cercare di capire da una sottile espressione del viso se soffre, se ha caldo o se ha freddo… Assicurare una qualità di vita dignitosa in una tale situazione è ben più difficile che amministrare il suo conto corrente che comunque, come dicono gli atti, è triplicato in otto mesi. Perché quel giudice non ha pensato alla possibilità di un semplice errore nella trasmissione di un dato, corretto prontamente, per difendermi da accuse visionarie? Dov’è finito il buon senso? E perché insistere che non avevo presentato quel documento, fornito invece per ben due volte?".

E aggiunge: "Ha calato la sua mannaia su quel poco che era rimasto di me, mettendo in discussione la mia dignità e le poche certezze che ancora mi restavano. Fortunatamente ho una famiglia che mi sostiene. Ma queste situazioni sono pericolose, perché possono accadere anche ad altri malcapitati costretti a rivolgersi alla… giustizia".

Il tema degli amministratori di sostegno è molto dibattuto.

Anche alcune associazioni segnalano gravi problemi: nomine di avvocati e commercialisti, ben retribuiti, al posto di familiari o volontari che sarebbero invece molto più attenti a rispettare le volontà e le effettive necessità degli amministrati.

E poi le carenze legislative: in Italia sono circa 350mila le persone che hanno un amministratore di sostegno.

"I giudici tutelari – segnalano diverse associazioni – sono oberati di lavoro e non sono oggettivamente in grado di garantire la qualità di un lavoro che non è esclusivamente burocratico, ma che richiederebbe un ascolto e un approfondimento importanti e dedicati, caso per caso". Antonio Lecci