Non si dovrà più "emigrare" per studiare

Migration

Sofia

Martino

Quante volte mi sono detta: se solo l’università fosse più vicina eviterei un bel po’ di grane. E non solo in termini economici e nelle tempistiche (in effetti estenuanti) ma per le relazioni sociali. Perché, ridendo e scherzando, durante la triennale ho passato quattro ore al giorno sui treni solo per raggiungere la facoltà di Psicologia di Cesena. Un viaggio che non pesava troppo all’inizio ad una ragazzina ingenua e sempre pronta all’avventura. Ma il carico di ore di lezione, lo studio matto e disperatissimo di sera e i weekend insonni nel tentativo di rimanere al passo con gli esami mi hanno messa a dura prova, nel tempo. Ripeto, se avessi avuto l’università a portata di mano, su Reggio, avrei vissuto questa esperienza con maggiore serenità. Specie se penso alle amicizie: mi è capitato spesso di fare conoscenze in facoltà per poi trovarmi a dire, il sabato sera: "Scusate ma io non posso essere dei vostri..." solo perchè abito a 142.19 km di distanza. Avere la sede in città mi avrebbe permesso di ritrovarmi ogni giorno con compagni di corso anche dopo la lezione.

Adesso frequento il primo anno di magistrale in Giornalismo ed Editoria. A Parma. Ci risiamo: ho accorciato le distanze (gran vantaggio) ma il nemico è un altro. Il Covid che, relegandomi a casa con lezioni online, mi ha sottratto ancora una volta la possibilità di vivere appieno l’esperienza universitaria.

Esulto quindi alla recente apertura del terzo polo universitario reggiano, nella città in cui sono cresciuta, in cui ho frequentato le scuole e in cui avrei volentieri portato avanti il percorso universitario. A mio avviso non resta che ampliare il ventaglio di proposte formative affinché i giovani non si trovino costretti a “migrare” pur di seguire le proprie passioni.