Reggio Emilia, 15 novembre 2024 – “Quando mio figlio aveva quattro anni lo portai in una struttura privata in Albania (Paese di orgine della coppia, ndr), specializzata per trattare l’autismo, per un consulto. Furono loro a consigliarmi l’Italia, e Reggio in particolare per il progetto ’Città senza barriere’, come paese attento all’istruzione infantile. Quello che stiamo vivendo ora mi sembra assurdo”.
La mamma di Luca (nome di fantasia per tutelarlo), un bambino di sette anni affetto da un disturbo dello spettro autistico, per cui la richiesta di trasferimento da una scuola primaria all’altra è diventata un inferno, è delusa da una società che, lascia intendere, “invece di abbattere le barriere, le costruisce”.
La famiglia ha vinto il ricorso al Tar per il trasferimento: il suo bimbo da ottobre non risulta più iscritto alla scuola in cui ha frequentato la prima classe, ma allo stesso tempo, benché la famiglia abbia sentito diverse scuole per l’iscrizione alla classe seconda, nessun istituto gli ha aperto le porte. La vicenda è arrivata al culmine l’anno scorso, dopo rapporti inaspriti nel tempo.
“Il bambino presenta difficoltà nel linguaggio, per questo da almeno quattro anni lo seguo privatamente. E con una terapia mirata oggi qualche parolina riesce a pronunciarla”, spiega la dottoressa Emilia Graziella Sassi, laureata in scienze dell’educazione e in pedagogia, formatrice per la scuola per diverso tempo. “L’anno scorso, all’inizio dell’anno scolastico, la famiglia si offrì per sostenere le spese a scuola per una mia cooperazione nel percorso scolastico. In un primo tempo la scuola accettò”. La pedagogista così, una volta a settimana, ha supportato il bambino durante l’orario scolastico, fino alle vacanze di Natale: “Poi, all’improvviso, la scuola ha deciso di voler curare il percorso formativo del bimbo senza la mia collaborazione”.
Da quel momento i rapporti con la famiglia e l’insegnante di sostegno si sono incrinati. “L’istituto fece capire ai genitori che se la decisione non fosse andata bene potevano rivolgersi altrove. La famiglia si è sentita inascoltata ed esclusa dalle decisioni scolastiche del figlio”. Così a luglio, dopo che il bimbo è stato promosso in seconda classe, la famiglia ha avviato un percorso con un altro istituto per favorire l’inserimento in una nuova scuola. L’istituto comprensivo di partenza però, dopo averlo rilasciato, a settembre scorso ha annullato il nulla osta al passaggio da una scuola all’altra. I genitori allora, assistiti dall’avvocato Cristian Immovilli, hanno presentano ricorso al Tar, accolto il 24 ottobre e che ha validato il nulla osta per il trasferimento. Di fatto però il piccolo Luca non è ancora rientrato tra i banchi di scuola come i compagni. “La frequenza scolastica è obbligatoria, quindi una scuola dovrà essere individuata – dice l’avvocato Immovilli –. Speriamo che nelle prossime ore ci sia un chiarimento da parte degli uffici scolastici competenti”.
“Si sta giocando con la vita di un bambino – incalza la madre –. Per chi è autistico stare assieme agli altri è stimolante; fermo restando che anche mio figlio ha il diritto di andare a scuola. Da genitore questo vicenda mi fa male, ma ci batteremo per tutelarlo”. E avvisa che se entro oggi non riceverà una risposta “provvederemo con l’esecuzione della sentenza in Tribunale”.
L’appello al Tar (vinto) per trasferire un figlio affetto dal disturbo dello spettro autistico in un altro istituto scolastico e il successivo rifiuto da parte delle altre dirigenze scolastiche interpellate per il nuovo inserimento, una cosa simile Roberto Vassallo dell’associazione Aut Aut, non l’aveva mai vista prima: “ Mi chiedo se stiamo perdendo di vista i diritti fondamentali. La scuola è sempre stata l’ultima delle nostre battaglie, non perché meno importante di altre, ma perché la stessa legge tutela il diritto all’istruzione. Per anni ci siamo battuti per garantire un’occupazione ai nostri ragazzi dopo la scuola, ora rischiamo di dover lottare per assicurare loro anche un banco e una sedia in classe. Siamo davvero arrivati a questo punto?”.