
Da mezzogiorno in piazzale Marconi via all’operazione ‘Strade Sicure’ con i militari. Il prefetto Cocciufa: "Sia un punto di partenza, servono più iniziative e decoro urbano".
Prefetto Maria Rita Cocciufa, è arrivato – finalmente, molto direbbero – il giorno dell’Esercito. "È stato un percorso complesso che senza l’attenzione mediatica – che giustamente occorre dare ai fatti che accadono – non sarebbe stato possibile. Abbiamo cominciato a lavorarci a luglio dopo che sono maturati una serie di aspetti, tra i quali soprattutto il confronto con l’amministrazione comunale. Ho sempre detto che questa decisione andava presa in piena condivisione col territorio. Permettemi di fare un ringraziamento". Prego. "Sono grata al ministro Piantedosi perché ha fatto uno sforzo importante; questo è un momento delicato, soprattutto per la ripartizione delle unità. Il Ministero degli Interni ha dimostrato grande attenzione per il nostro capoluogo". Come si svolgeranno operativamente i servizi dei militari? "Come è già noto avremo un’aliquota di 12 unità. Agiranno con una pattuglia composta da tre uomini nell’arco della giornata coprendo le fasce considerate più critiche, ossìa dall’ora di pranzo fino a notte fonda. Si tratta di un presidio definito ‘fisso-mobile’, una sorta di vigilanza dinamica. Saranno in piazzale Marconi, ma grazie al mezzo potranno spostarsi per fare controlli e identificare persone, in tutto l’asse della ferrovia fino a via Turri e piazzale Europa". Quali vantaggi si aspetta? "Avremo un presidio in più dedicato ed è già molto. Ciò però non significa che le forze dell’ordine non continueranno a svolgere i loro servizi. Anzi, grazie alla presenza dell’Esercito, potremmo garantire controlli in altre zone distanti anche con la polizia locale". All’occorrenza, i militari potrebbero essere anche ‘dirottati’ su altre zone ‘calde’ della città? "L’operazione ’stazioni sicure’ ha protocolli un po’ rigidi, quindi al momento sono destinati a piazzale Marconi. Per le altre zone ci saranno le forze dell’ordine, ‘liberate’ proprio dalla presenza dell’Esercito in stazione. Di certo, sarà fondamentale la sinergia tra militari, questura e carabinieri: c’è un piano di controllo coordinato del territorio che determina i servizi ora per ora. Siamo fiducioso che otterremo buoni risultati sulle modalità d’azione". Più volte si è però sottolineato che l’Esercito non sarà la ‘panacea’ di tutti i mali... "Non risolverà tutti i problemi infatti, è chiaro che qualcosa potrà succedere e qualunque strategia, anche la migliore, non può prevederlo. Le stazioni, per connotazione, sono luoghi aperti e di transito, dove arrivano persone da tutta Italia e da tutto il mondo. Il presidio fisso è un pezzo di puzzle di quella che chiamiamo ‘sicurezza partecipata’. Ed è un punto di partenza. Non possiamo chiedere ai cittadini di fermare i ladri, ma ognuno deve mettere la propria tessera al mosaico. Il nostro compito è quello di migliorare le condizioni di sicurezza". E i compiti dell’amministrazione e della società civile quali dovrebbero essere? "La zona stazione ha bisogno di una riqualificazione vera, di pulizia, di eliminare i rifiuti, di potatura delle piante e di decoro urbano. Bisogna dare dignità a questo luogo e renderlo vivibile. Servono più iniziative, ma il Comune a questo sta lavorando. Così come abbiamo bisogno dei servizi di strada per agganciare le persone che hanno problemi – a volte ci si riesce e a volte no – in primis per estirpare la piaga del crack che è una vera e propria emergenza". Nel suo ruolo in passato ha avuto esperienze dirette con l’Esercito? "È la prima volta che mi trovo a gestire un presidio dedicato ad una stazione ferroviaria. Ma più in generale, nel ’92, nella mia Sicilia arrivarono 500 militari. Erano i tempi delle stragi di mafia. Ma non solo, negli anni hanno aiutato negli hotspot di prima accoglienza a Ragusa, Pozzallo e Lampedusa, così come nei centri di quarantena durante la pandemia. Posso dire che ovunque siano stati hanno dato un ottimo contributo a governare meglio le città. Sono fiduciosa e lo devono essere tutti i reggiani".