Reggio Emilia, 3 dicembre 2022 - "I quattro ergastoli vanno annullati. E il processo è da rifare". È la domanda avanzata dal procuratore generale in Cassazione Luigi Birritteri nel processo ‘Aemilia 1992’, approdato al terzo grado di giudizio: al centro gli omicidi di Nicola Vasapollo a Pieve (ucciso il 21 settembre 1992) e Giuseppe Ruggiero a Brescello (22 ottobre 1992), sui quali furono riaperte le indagini ipotizzando una matrice ‘ndranghetista. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna a Greco e Lerose relativa all’omicidio di Brescello, quelle di Ciampà per Brescello e Pieve, mentre per Nicolino Grande Aracri è confermato l’ergastolo per Brescello e annullata la condanna per l’omicidio di Pieve. Chi ha avuto la condanna annullata tornerà in Appello. In Appello erano stati condannati all’ergastolo Nicolino Grande Aracri, il boss di Cutro; Antonio Lerose, 56enne residente a Carpi; Angelo Greco, 57enne in carcere a Torino e Antonio Ciampà, 64enne di Cutro: un ribaltamento rispetto al primo grado, dov’erano stati tutti assolti, a parte un ergastolo dato a Grande Aracri per il solo omicidio di Brescello. Birritteri è lo stesso magistrato che in maggio, nel maxiprocesso ‘Aemilia’ con rito ordinario, aveva chiesto che 76 ricorsi su 87 delle difese in Cassazione fossero bocciati. A sorpresa, sugli omicidi del 1992 tra pubblica accusa e difesa è invece emerso totale accordo su un argomento: le modalità, a dire di entrambe le parti non condivisibili, con cui si è svolta la rinnovazione istruttoria, cioè volta ad acquisire nuove prove, in Corte d’Assise d’Appello. Nella sua articolata requisitoria, ieri Birritteri ha evidenziato le difficoltà del processo. Ha sostenuto che, in caso di assoluzioni impugnate dal pm in secondo grado per chiedere la condanna, non si possano selezionare le fonti probatorie in riferimento a singoli argomenti, come a suo dire avvenuto nel secondo grado: fatto che, secondo il procuratore, è motivo di illegittimità. Ha riferito che non si potessero interpretare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia senza riascoltarli. E ha sostenuto che i giudici di Appello hanno rimproverato a quelli di primo grado diversi errori, ma senza indicarli in modo specifico. Da qui la sua richiesta di annullare la sentenza. La tesi di Birritteri è stata sposata anche dalle difese che l’avevano peraltro inserita come motivo centrale dei ricorsi. Davanti alla Corte dei giudici presieduta da Monica Boni, relatrice Eugenia Mele, la parola è andata agli avvocati Filippo Giunchedi e Gianluca Fabbri per Grande Aracri; all’avvocato Milena Micele per Lerose; agli avvocati Luigi Colacino e Valerio Vianello Accorretti per Ciampà; agli avvocati Salvatore Staiano, Manlio Morcella e Antonio Comberiati per Greco. I legali si sono soffermati anche su un tema su cui hanno dato battaglia fin dal primo grado, sostenendo che non c’è concordanza tra i racconti dei collaboratori di giustizia su alcune circostanze.